domenica 27 novembre 2016

Cuba Libre

«Mentre il liberalismo non ha fatto altro che criticare la gestione esteriore e burocratica della società guidata dallo Stato, chiaramente per favorire il mercato e la sua pretesa libertà d'azione, la critica radicale dello Stato di Marx vede nel mercato il rovescio della stessa medaglia: l'autoritarismo dello Stato non è che il pendant complementare dell'autoritarismo del mercato e il totalitarismo politico non è che una manifestazione del totalitarismo economico. Da ogni lato, gli individui non sono liberi perché alla mercé della burocrazia gli uni ed esposti alle potenze della concorrenza anonima gli altri. Mercato e Stato, politica ed economia non sono che le due facce di una situazione sociale paradossale, irrazionale e schizofrenica in cui gli individui si sdoppiano in “homo oeconomicus” e “homo politicus”, in “borghese” e “cittadino” e si trovano dunque in contraddizione con se stessi. Sono figure umane che hanno lo stesso grave difetto e che non si deve utilizzare l'una contro l'altra, ma annullarle in egual misura – certamente facendo di essi degli “individui sociali concreti” unici, come voleva lo stesso Marx nella sua critica del lavoro astratto».

Robert Kurz, Marx Lesen, Frankfurt am Main, 2000, versione francese Lire Marx, Éditions de la Balustrade, Paris 2002 (pag. 165, traduzione dal francese mia).

Tra le baruffe di bassa lega che si sono scatenate in occasione della morte di Fidel Castro, la cosa che più m'impressiona è l'anacronismo.
Nessuno che si accorga di colpire a vuoto, di menare fendenti all'aria, ché l'avversario non esiste. Tutto il mondo tutto – anche quando c'era il muro di Berlino (ma quando c'era era indubbiamente più difficile accorgersene) – è informato da una stessa logica costitutiva: il capitalismo. E la natura del capitalismo, sia esso di Stato o di Mercato, è sempre la stessa, ovunque, perché costretta ovunque dalle medesime leggi: produzione, sfruttamento del lavoro, conquista dei mercati, vendita, accumulazione, e così via, a ripetere, ripetere tuttavia cercando di sfuggire all'ineludibile caduta tendenziale del saggio di profitto.
Quel che più abbiamo da temere, come umani, è che prima del profitto cada la specie.

1 commento:

Marino Voglio ha detto...

"Quel che più abbiamo da temere, come umani, è che prima del profitto cada la specie."

temete, temete pure.
(chivvidice chessia unadisgrazzia, diceva quer vecchio cinese; e perdippiù 'o diceva in cinesa)