giovedì 12 marzo 2020

Un nespolo

Non mi va di parlarne:
eppure ne parlo;
non mi va di sapere:
eppure mi informo;
non mi va di scriverne:
eppure ne scrivo.

Potrei tirarlo fuori
l'argomento
ma mi trattengo: 
signore e signori,
non è il momento:
è meglio se spengo.


Ma non spengo, no. Fare la cronaca di questi strani giorni dell'incertezza (fatta salva la certezza del sillogismo aristotelico) non mi pare il caso. Neanche fare battute (con i socialmedia, il numero dei battutisti ha superato di gran lunga quello dei poeti). Non mi va di scherzare e neanche di piangere. Di fare un urlo ogni tanto: sì. Di ricordarmi del desiderio: anche. Di fuggire l'ipocondria: ma come? Per esempio: oggi ho sfruttato, per quanto concesso dalla mia scarsa attitudine, il contatto con la terra: raccogliere i rami potati degli ulivi; piantare un nespolo.

«Non è bello stare sotto un nespolo e tenere un diario o un mensuario quando il carnevale impazza».
Luigi Pintor, Il nespolo, Bollati Boringhieri, Torino 2001

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