Tu non ricordi la casa dei doganieri sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: desolata t'attende dalla sera in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri e vi sostò irrequieto. Libeccio sferza da anni le vecchie mura e il suono del tuo riso non è più lieto: la bussola va impazzita all'avventura e il calcolo dei dadi più non torna. Tu non ricordi: altro tempo frastorna la tua memoria; un filo s'addipana. Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana la casa e in cima al tetto la banderuola affumicata gira senza pietà. Ne tengo un capo; ma tu resti sola né qui respiri nell'oscurità. Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende rara la luce della petroliera! Il varco è qui? (Ripullula il frangente ancora sulla balza che scoscende...) Tu non ricordi la casa di questa mia sera. Ed io non so chi va e chi resta. Eugenio Montale, Le occasioni | Tu non ricordi la casa dei puttanieri a Palazzo Grazioli o nella nera affollata magione d'Arcore o di sera a villa Certosa dove Confalonieri vi sostò indiscreto. Mons. Sgreccia frusta da anni le mie mura ma il suono vaticano non è più lieto: la Mussola va impazzita e fa la dura e la Carfagna offesa più non torna. Tu non ricordi: aggiungere vergogna alla memoria fragile finiana. Io sono ancora il capo; ma s'allontana lo stuolo di fedeli tra le lenzuola spiegazzate senza tregua né pietà. Sono ancora il capo; ma non ho più Scajola e inizia a declinare la mia autorità. Oh il mio Tremonti in fuga, dove m'accende Lele Mora con una giarrettiera! Il varco è lì? (La pillola – è urgente – sennò non si rialza e mi riscende...) Tu non ricordi la casa disonesta menzognera. E io sono solo cartapesta. Edoardo Montato, Le occlusioni |
mercoledì 24 novembre 2010
La casa dei puttanieri
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3 commenti:
Spaziale. Sei bravissimo.
(Ps: la parola «maggica» per inserire il commento è «unistr»: dimmi che non c'è il tuo zampino, se hai il coraggio!).
Grazie mille
:-)
(Ps 2: giuro, non c'è il mio zampino, forse solo una sorta di naturale autocensura tecnica...)
Hai dimenticato date, cose, facce:
le hai lasciate chissà dove,
là rimangono come tue tracce.
Prova del nove?
Non sono morte, riposano.
Impilate negli scaffali dell’oblio,
fanno un solo faldone e non osano,
ciascuna fascicolata nel suo addio,
e mute, immobili, stanno trafitte da uno spillo,
ma a sfiorarle danno un trillo,
e quello ti risuona dentro. Robe vive.
Non rotte perse, ma possibili derive,
e non avresti mai creduto, vero?
Ricrediti: non sono morte.
Tutto nell’orma, intero,
è il passo fatto e la sua sorte.
Così con "La casa dei doganieri",
che andava letta in altro modo, forse.
Era fra le cose pensate morte,
viva d’un giorno che fu l’altrieri.
Ripristino un pristino Montale,
sulla traccia ritrovata dell'originale.
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