Poco
fa ho visto una divertente recensione video di Riccardo Chiaberge
all'ultimo romanzo di Alessandro Piperno, Inseparabili,
Mondadori (uno dei libri favoriti per la vittoria del Premio Strega).
Chiaberge
ha un bel divertirsi nel pungolare alcune frasi di Piperno,
evidenziandone i difetti. Ma se, invece, ne avesse sottolineato i
pregi, sarebbe cambiata la sostanza? Vale a dire, se anche la sua
critica fosse stata benevola (o sperticata come quella di Antonio
d'Orrico all'ultimo libro di racconti di Ligabue), muterebbe qualcosa
nel rapporto tra libro (di narrativa)-recensore-lettore?
A
mio avviso, no.
La
questione per me fondamentale è: la narrativa ha ancora un senso?
Cosa induce noi lettori a comprare¹
un libro di uno scrittore come Piperno (o altri centomila come lui)?
Cosa fa sì che io, appunto, spenda soldi e tempo per leggere una
storia che quasi sicuramente mi farà dire ma che cazzo sto
leggendo²?
Sarà
che sono in un periodo della mia vita in cui sono poco ricettivo,
molto selettivo, e in cui ho più voglia di scrivere
che di leggere. Non è presunzione o perché abbia la puzzetta sotto
il naso e sia un elitario del cazzo che s'imbrodola coi grandi del
passato. Non è questo, ve l'assicuro. È che quando ho un libro in
mano, soprattutto un libro di narrativa contemporanea, mi prende il
panico, sento veramente sottrazione di tempo, un po' come se dovessi
vedere una partita di calcio, o un concerto di Tiziano Ferro, o
un'intera puntata di Santoro et similia.
Sono
in un periodo in cui sento un gran frullamento di neuroni (e di
coglioni) e, confesso, che non mi va più di prendermi in faccia sprizzi agrodolci della realtà che riesco a percepire.
Devo reagire, incazzarmi, patire, detestare, compatire, approvare,
schifare, finanche amare là dove è consentito e possibile.
La
letteratura, la vera, non è (più) dentro quelle scatole vuote dei libri.
Siamo una moltitudine di letterati, ormai, e nessuno di noi ha il
diritto perché ha l'imprimatur di un editor o la statuetta di un premio famoso, a
sentirsi scrittore e gli altri no. Siamo tutti esseri scriventi, giacché la scrittura è sangue,
sperma, ovaie, forfora, scaglie di corpo che escono dai nostri
pensieri che interagiscono con il mondo circostante. Volete vedere
uno dei documenti massimi in cui è stato scritto il nostro nome?
Eccolo qui,
è
un coltello di ossidiana ritrovato da qualche parte in Messico. Su
tale reperto sono state individuate queste
particole
di sangue umano, di umani sacrificati agli dèi chissà per che cosa, per far
piovere, forse, o per riportare pace nella comunità ai danni di una vittima espiatoria. È il sangue
che si scrive, lo ripeto - e la nostra contemporaneità finora ha
consentito di sprecarne meno fiumi rispetto a pochi decenni or sono.
Siamo i figli fortunati della fine del sacrificio, e gli scrittori
come Piperno vadano pure a fare in culo con il loro blasone, la loro
pipa, e la corte di scimmie che gli ruotano attorno per chiedergli se
volessero presentare il libro presso un club di rincoglioniti. È inutile divertirsi, dunque, a loro spese come fa Chiaberge. Ma in fondo non è colpa loro, sono gente adattata perfettamente al meccanismo produttivo della case editrici. Cosa diamine vuoi che importi alle case editrici di fare letteratura? Passata di pomodori, forse.
Noticine
¹Dico
comprare apposta per
far notare che i recensori professionisti ricevono i libri gratis
dalle case editrici
²Mi
rendo conto che la mia è pura presunzione: ma non ci posso fare
niente. Non trovo tempo più sprecato che leggere romanzi
di autori contemporanei, nella
fattispecie italiani, salvo rarissime eccezioni, beninteso. Per i
critici è facile leggere: è il loro lavoro, sono pagati
per questo. Anch'io se avessi un mestiere simile, mi metterei di buon
grado a leggere cosa passa il convento della narrazione italiana.
2 commenti:
hai ragione, siamo un po' tutti scrivani, nel senso che usiamo la scrivania come una chaise longue
a me chiaberge piace, anche se come idee politiche siamo agli antipodi, e anche il filmato è molto divertente. quello che non ho capito è se è stato girato in una casa di riposo o in una con giardino arredata minimal. stupenda la camicia bianca che indossa, la quale sembra di poco prezzo ma se la guardi bene è proprio una camicina scadente, volutamente casual e antagonista dello stereotipo del critico professionale. anche la faccia di chiaberge, al primo impatto forse un po' da antipatico, ma poi ti conquista per simpatia
Anche a me Chiaberge piace, e ricordo il suo comportamento da signore quando fu costretto alle dimissioni dal suo incarico di caporedattore della Domenica de Il Sole 24 Ore, all'epoca della direzione di Riotta che voleva una linea più filociellina.
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