A volte ho l'impressione di essere circondato, ovvero di essermi circondato da solo, per vivere sotto assedio, sì, ma al riparo dalla realtà. La realtà bussa, e faccio come Mario Draghi: butto lo sporco sotto il tappeto, creo spazzatura mentale che getto nel sacco volentieri, a disfarmene, sia quel che sia, inceneritore o discarica, 0.05% d'esistenza in meno, tanto per far sentire i mercati più puliti.
Evito accuratamente ogni situazione che possa convertirmi. Meno male: alcuna fiducia nelle fedi ho. A volte, sono posseduto dalla presunzione che se gli umani fossero tutti come me il mondo sarebbe più leggero: meno gravato, girerebbe anche meglio, più svelto, diciamo in ventitré ore, e il periplo intorno al sole durerebbe meno di un anno, ovvero 365:24 ossia circa 15 giorni in meno del solito, due settimane di ferie in cui tanto pioverà, farà freddo, e passerò il tempo a grattarmi a causa del prurito acquagenico (non ho smesso di fumare, o meglio: ho smesso da tempo, inutile citare il perché dica questo, vero Woody?).
Ma sono allegro. Allegro
come chi non ha più titubanza.
Come lo fu «il povero negro»
nel Kentucky, in piena disperanza
Giorgio Caproni, All lost, in Il conte di Kevenhüller (1986)
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Ma sono allegro. Allegro
come chi non ha più titubanza.
Come lo fu «il povero negro»
nel Kentucky, in piena disperanza
Giorgio Caproni, All lost, in Il conte di Kevenhüller (1986)
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