a) Italia 1942
Ora m'accorgo d'amarti
Italia, di salutarti
Necessaria prigione.
Non per le vie dolenti, per le città
Rigate come visi umani
Non per la cenere di passione
Delle chiese, non per la voce
Dei tuoi libri lontani
Ma per queste parole
Tessute di pledi, che battono
A martello nella mente,
Per questa pena presente
Che in te m'avvolge straniero.
Per questa mia lingua che dico
A gravi uomini ardenti avvenire
Liberi in fermo dolore compagni.
Ora non basta nemmeno morire
Per quel tuo vano nome antico.
b) In memoria II
Non capisco
che cosa debba volere
fra questa lapidi di ebrei
il nome di mio padre
che è il nome mio
il nome dei padri
il grido della tribù
che volgeva le spalle
alla fossa perché
scarmigliato spirito
l'Iddio Cane
l'Iddio di Abramo
e di Giobbe agguantasse
il pacco d'intestini
nei lini bianchi
e ci lasciasse in pace.
c) Aprile torna...
Aprile torna e a sera un frescolino
irrita gole di ragazze accese:
in un palio ciclistico protese
volanti rubiconde mutandine.
Come rauche ora vociano parole
quasi laide nell'aria della sera!
Fu dolce, in altro tempo, primavera.
Godono pepsi cola ignude gole.
I ragazzi le annusano. Una bella
passò, di zinne e deltòidi ribaldi
e d'altro che acre un dì mi fu diletto.
Ma come mai sensibile diletto
trovar non so che me attonito scaldi?
Sì, d'aprile il dormire è cosa bella.
Franco Fortini, Una volta per sempre (poesie 1938-1973), Einaudi, Torino 1978 [a+b); Composita solvantur, Einaudi 1994 [c]
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