«Attorno alla mummia di Dio, al di sopra delle acque che battono contro la fortezza, va errando una figura mostruosa: ai margini del vuoto, giallo e colmo di simùn, sta morto il castello del deserto, i tralci sulla parete. Quattromila anni di umanità sono passati, e felicità e infelicità sono state sempre uguali: volgiti via dal tuo prossimo, questo sarà l'insegnamento se adesso risuonerà la colonna di Memnone. Certo, vi siete amati, vi siete appoggiati l'uno all'altro - ma ovunque giriate lo sguardo, cruccio e peso nel cuore. Ma se noi insegnassimo a scorgere la danza a cerchio e a superare la vita nella forma, allora la morte non sarebbe l'ombra, azzurra, in cui stanno immerse le felicità?
La dolcezza del finire, l'ebbrezza del caduco; attraverso a ogni sera il baluginio dell'ultima, attraverso ogni ora lo spossamento orfico, il brivido dell'affondare, la felicità orrida del Sé?»
Gottfried Benn, “L'io moderno”, da Lo smalto sul nulla, Adelphi, Milano 1992 (pag. 19-20).
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