venerdì 5 novembre 2010

L'estate dei pipistrelli




In questo caldo di metà ottobre
la notte cala prima il suo sipario.
Tutto ciò è secondario
all'inutile tuo andare
in bilico come Joseph prima
di partire sulla strada del peggio
(o del meglio, dipende).

Non puoi conciliare,
ti piaccia o non ti piaccia,
la vita indecisa e la faccia
sospesa nel fango
della passeggiata dei Templi
ove ripassi, del vivere, gli esercizi -
e il vento ti riporta tutti i vizi
che avevi gettato nel tempo.

La vedi davanti la scelta che frena
l'ultima scorciatoia, la piena
che romba lontana del fiume,
lo sguardo che cerca l'ultimo lume.
Meno male, non sei solo:
un formidabile pino silvestre
allarga più d'una gru le braccia
e lancia i suoi aghi a capofitto,
nel dirupo.

Arriva una folata e corri
la dove è acceso il fuoco. Bruci ceppi
di cerro; con l'attizzatoio pungi
le ruvide mattonelle. Avvampi,
togli il pullover, ti scompigli, aduggi
la parete, mimesi d'Oriente?
Col cencio umido avvolgi
i castrati marroni, seduto
li strizzi, li stringi, li abbracci, (ti bruci),
li sbucci uno ad uno, uno e trino
(uno su tre anche le castagne)
nel silenzio d'oro novembrino.

È l'estate dei pipistrelli,
li vedete abbracciare l'aria notturna
ghiotti d'insetti e di brezza.
La tua fame di carezze
è un'altra: muovi i polpastrelli,
incomincia la caccia.


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