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L'immagine sopra vorrei fosse intesa in questo unico modo: plasmare una parte di corpo altrui, come fosse «polvere del suolo» (Gn, 2, 7), per trasmettere il proprio “umano” alito di vita ad un'altra vita, per risollevarla tal quale la creta sul tornio del ceramista sale, con un medesimo tocco di dita e di palmi.
(La maestra ceramista, che oggi ci ha fatto impastare e modellare la creta, ha raccontato che da come si pongono le mani - e in particolare le dita - sulla terra umida si capisce molto di una persona, soprattutto quando si premono i pollici per dare inizio al vuoto che formerà qualsivoglia tipo di contenitore. Avrei voluto domandare cosa avesse capito di me, ma il vuoto non mi consentiva distrazioni).
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