martedì 3 giugno 2014

Seduto qui

via Incidental Comics

«E mi sembrò che fosse proprio la stessa cosa come se uno dicesse che Socrate fa con la mente tutto quello che fa, poi mettendo mano a dire le cause di ogni cosa che faccio, dicesse per prima cosa che io siedo qui per queste ragioni, perché il mio corpo è composto di ossa e di nervi e le ossa sono rigide e hanno giunture che le tengono separate le une dalle altre e che i nervi sono in grado di trarsi e distendersi, circolando le ossa con la carne e la pelle che tiene unito il tutto. E poiché le ossa stanno sospese nei loro legamenti, i nervi allentandosi e tendendosi fanno sì che in qualche modo io ora sia in grado di piegare le mie membra, per questa ragione io essendomi piegato sto seduto qui». Platone, Fedone, 98c-98d, (traduzione di G. Giardini, Newton & Compton, Roma)

Ma che ci sto seduto a fare?

Ci sto perché con la mente faccio tutto quello che faccio, poco, trascrivo pensieri che prima non esistevano, dichiarazioni che non sono altro che azioni, dette più che fatte, giacché io non sono un uomo del fare, preferisco il dire (e il baciare). E temo l'esaurimento, per un attimo, un attimo soltanto, giusto il tempo per non cedere alla tentazione di credermi un pozzo. La mia vena, se ho una vena, non è esauribile, in quanto non è altro che un elemento della circolazione dei pensieri. Essi frullano, come qualcos'altro, e producono crediti esistenziali non indifferenti. Non indifferenti. In altri termini, se mi giro e ti guardo e vedo che mi guardi mi sento regalato al mondo, di esserci insomma, e di esserci in un certo modo, quel modo in cui m'immaginavano e immagino ancora sia bello starci a questo mondo, nella comprensione e nell'affetto, nello sfioramento leggero di una mano che passa in cerca di carezze. Una specie di compimento evolutivo privatissimo (sapessi come raddrizzo la schiena e le spalle tendo per non piegarmi più, non piegarmi più).

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