giovedì 16 aprile 2009

Mi duole l'Italia

«Se dovessi rispondere alla domanda: "Che cosa ti fa soffrire di più, vivendo in Italia?", non direi che questo: il suo fallimento civile, e metterei il mio patire di cittadino in testa alla processione delle doglianze. Per usare uno spagnolismo: "mi duole l'Italia"; l'Italia mi è malattia – malattia non mortale però incurabile. Ma non invidio i connazionali indifferenti che non ne soffrono, e che sono causa, in parte, del dolermi l'Italia; la privazione di pena pubblica non è segno di salute psichica e mentale: qui, soltanto chi è profondamente malato d'Italia ha la testa a posto».

Guido Ceronetti, Cara incertezza, Adelphi, Milano 1997 (pag. 73)

Tali parole mi hanno dettato questi versi, spero degni di tale disperazione civile.

Vorrei tanto in disparte salire quel monte.

«Qual monte mi dice una voce feroce

non vedi non puoi non devi nemmeno

pensarlo, figuriamoci farlo adesso

che non è più inverno che il clivo

più dolce appare al cammino».

Io semplicemente chiedevo un minimo

d'ombra che celasse questa vista

d'Italia malata, di teste che vuote

vociferano insensatezza.

Volevo farmi eremita, sfollare nei prati

d'alpeggio, ché al peggio non credo più

possa esserci fine, soprattutto qui

nella penisola da pena abbattuta

dalla voragine civile, dai sorrisi beoti

degli italioti che sparsi seguono

l'ebetudine del potere.

Se un giorno potessi vedere trionfare

l'intelligenza la benevolenza un barlume

di vera cittadinanza, allora potrei

riscendere a valle, riconquistare la piazza

l'amabile conversare negli affollati caffè.

Potrei, se questa puttana la finisse,

una volta per tutte, di ferirmi.

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