«In un oscuro villaggio della Polonia centrale, c'era una piccola sinagoga. Una notte, mentre faceva il suo giro di ispezione, il rabbino entrò nella sinagoga e vide Dio seduto in un angolo buio. Il rabbino cadde in ginocchio col volto in terra e gridò: "Signore Iddio, cosa stai facendo qui?" E Dio gli rispose con una voce flebile, che non usciva né da un tuono né da un vortice di vento: "Sono stanco, rabbino, sono mortalmente stanco".»
«[...] Dio si era stancato della crudeltà dell'uomo. Forse non era più capace di dominarla e non riusciva più a riconoscere la propria immagine nello specchio della creazione. Ha lasciato che il mondo si dedicasse alle proprie azioni inumane e ora abita in qualche altro angolo dell'universo, tanto remoto che i suoi messaggeri non possono nemmeno raggiungerci. Immagino che se ne sia andato durante il XVII secolo [...] Nel XIX secolo, Laplace annunciò che Dio era una ipotesi di cui la mente razionale non aveva più bisogno; Dio prese il grande astronomo in parola.»
Poi Dio ispirò il viaggio di un naturalista intorno al mondo soffiando sulle vele del brigantino Beagle e disse: «Ciao ragazzi, mi avete rotto, mi ritiro. Date retta al mio Carletto: vi ho fregato, io non c'entro. Se volete farmi rientrare, smettete di scannarvi. Ci vedremo tra qualche millennio, forse».
Di qui la morte della tragedia perché «per vivere, la tragedia ha bisogno dell'intollerabile peso della presenza di Dio, e ora è morta perché Egli non getta più la sua ombra su di noi, come su Agamennone o Macbeth o Atalia.»
Dio era stanco e se n'è andato. Si è reso conto di non esser più necessario. Tutto è diventato tristemente comico. Roba da libro del riso e dell'oblio.
Brevi divagazioni inserite tra le pagine di George Steiner, La morte della tragedia, Garzanti, Milano 1992 (pag. 303-4)
«[...] Dio si era stancato della crudeltà dell'uomo. Forse non era più capace di dominarla e non riusciva più a riconoscere la propria immagine nello specchio della creazione. Ha lasciato che il mondo si dedicasse alle proprie azioni inumane e ora abita in qualche altro angolo dell'universo, tanto remoto che i suoi messaggeri non possono nemmeno raggiungerci. Immagino che se ne sia andato durante il XVII secolo [...] Nel XIX secolo, Laplace annunciò che Dio era una ipotesi di cui la mente razionale non aveva più bisogno; Dio prese il grande astronomo in parola.»
Poi Dio ispirò il viaggio di un naturalista intorno al mondo soffiando sulle vele del brigantino Beagle e disse: «Ciao ragazzi, mi avete rotto, mi ritiro. Date retta al mio Carletto: vi ho fregato, io non c'entro. Se volete farmi rientrare, smettete di scannarvi. Ci vedremo tra qualche millennio, forse».
Di qui la morte della tragedia perché «per vivere, la tragedia ha bisogno dell'intollerabile peso della presenza di Dio, e ora è morta perché Egli non getta più la sua ombra su di noi, come su Agamennone o Macbeth o Atalia.»
Dio era stanco e se n'è andato. Si è reso conto di non esser più necessario. Tutto è diventato tristemente comico. Roba da libro del riso e dell'oblio.
Brevi divagazioni inserite tra le pagine di George Steiner, La morte della tragedia, Garzanti, Milano 1992 (pag. 303-4)
1 commento:
questo pezzo è bellissimo, grazie per averlo segnalato. Penso che andrò a leggere il libro, tempo permettendo!
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