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sabato 25 agosto 2012

Nessuno crea per difetto

«Perché Dio ha creato il mondo, dato che poteva trovare appagamento nella propria infinita bontà? La risposta è pienamente soddisfacente: nessuno crea per difetto, ma, al contrario, per eccesso. Il creatore sovrabbonda
Michel Serres, L'ermafrodito: Sarrasine scultore, Bollati Boringhieri, Torino 1989, (ed. orig. Paris, 1987, traduzione di M. Marchetti).

- Buon pomeriggio Dio
- Buon pome che?
- Riggio
- Ah, voi umani abitate il giorno, composto di varie parti. Io no, me ne ero dimenticato.
- Non abiti il tempo?
- Secondo te?
- Non è cortese rispondere con una domanda a una domanda.
- Ascolta, io sono Dio, e della cortesia - a volte - me ne strafotto.
- Beh, secondo me abiti il tempo.
- E per rispondere così melensamente c'era bisogno di darmi dello scortese?
- Non me la sentivo, avevo paura di sbagliare.
- E ci mancherebbe altro: chi non avrebbe paura di sbagliare davanti a Dio?
- Qualcuno c'è.
- Indicamelo.
- Si dice il peccato ma non il peccatore.
- Vaffanculo, te e il politicamente corretto. Proprio oggi che avevo voglia di schiaffeggiare qualcuno.
- Dio, via. Non c'è mica bisogno che te lo dica io chi sarebbe da schiaffeggiare. E poi, chissà, i miei parametri non sono uguali ai tuoi. O meglio. I parametri dei potenziali schiaffeggiabili sarebbero diversi, e quindi potresti anche chiedere loro consiglio, i quali schiaffeggerebbero me.
- Che diamine di discorsi ritorti all'uncinetto.
- Ho mangiato pane e uva.
- E ti sei fatto fatto furbo e loico.
- Mi sono fatto anche una sega, per quello.
- Con l'uva?
- No, pregando (vedi un post di ieri).
- Ah, sì. È un esercizio propizio il masturbarsi pregando. Fa entrare in contatto col trascendente.
- Sì, vero. Ma l'orgasmo è immanentissimo.
- Tu lo credi, dato che lo sperimenti. Io, che sono Dio, per esempio, quando mi masturbo, creo universi. Voi al massimo racconti, preghiere, editoriali (per restare in campo scritturale, ma i campi masturbativi sono molteplici).
- Per questo, come dice Serres, tu crei per eccesso, mai per difetto. 
- È evidente: io, Dio, non mi faccio mancare niente: creo mediante il mio superfluo, mica scemo.
- Però, il fatto che tu, Signore, dica che i mondi li crei mediante un atto masturbatorio (di eiaculazione universale), è molto più nobile che se, mettiamo, ci avessi detto che li scorreggiassi o ruttassi, come potrebbe succedere dopo una grande abbuffata (e bevuta).
- Sono un Dio parco, non porco.
- Quanti altri mondi hai in serbo Signore?
- Che ne so? Ho perso il conto. Li sforno, li spruzzo nel cielo e mi diverto a vedere i vostri tentativi di scoprirli. L'universo è un pozzo senza fondo.
- Cui bono?
- Cui che?
- Bono.
- Vox populi, vox dei.
- Sei in vena oggi, Signore. Ma dimmi, ti senti appagato della tua infinita bontà?
- No. E infatti mi masturbo ancora come un ragazzino. Per smettere mi ci vorrebbe, forse, una dea all'altezza, bella giunonica. Ma da quando voi monoteisti avete prevalso con la vostra concezione del dio unico del menga, mi tocca toccarmi da solo. Ogni tanto sorvolo l'Olimpo, ma che vuoi, le belle dee sono tutte scomparse. C'è la Madonna, porella, ma non ho proprio voglia di fare un altro figlio. Non abbia a venir fuori un altro rivoluzionario che viene mal interpretato e diventa roba buona per i papi. Basta figlioli. Meglio una sega, appunto.
- Dio!
- Ti saluto, vado a bermi un tè ai confini della Via Lattea.
- Tè nero o tè verde, con lo zucchero o senza?
- Secondo te?
- Secondo Ceronetti, tè verde senza zucchero.
- Già, i Pensieri del tè (Adelphi). Ecco, prendili, e vai a fare due passi. Ti saluto.
- Sì, farò così. Alla prossima, Signore.

mercoledì 6 giugno 2012

Il reale è razionale un cazzo

«Il filosofo lascia dire che il reale è razionale, perché lascia dire tutto, ivi comprese le sciocchezze e le crudeltà, lascia dire che il razionale è il solo reale. Egli lo lascia dire; ahimè, lo lascia fare. Che il reale sia razionale, che il razionale sia reale, ciò, sicuramente, si dice, ma, soprattutto, ciò si fa, ciò si costruisce. Noi costruiamo un reale che è un razionale, costruiamo un reale, tra i possibili, che è un razionale, tra altri possibili, come mettiamo del cemento sul suolo. Non è il solo cemento possibile, e non è la sola copertura possibile. I cittadini credono sempre che l'edificato sia un paesaggio, certi contadini credono che il paesaggio sia il mondo tale quale. Il vecchio razionalismo è il cemento del mondo, la filosofia del linguaggio è il cemento del senso, le nostre filosofie della politica e della storia sono il cemento del tempo. Ci sono altri mondi possibili, so di altri sensi possibili, possiamo inventare altre forme di tempo. Ed è per questo che il filosofo avvolge il possibile come un fragile neonato, come un bouquet di tempo, come un candelabro a bracci multipli, come un reticolo vivente di vene e di fibrille, egli ascolta i rumori e gli scampanii».
Michel Serres, Genesi, Il Melangolo, Genova 1988 (pag. 99, traduzione di Gaspare Polizzi).


Ho sentito prima degli scampanii lontani ritornando a casa; e dei rumori, anche. E ho visto uno scoiattolo disteso morto sull'asfalto: mi sono fermato e l'ho spinto con un fazzoletto di carta ai bordi della carreggiata. Sangue gli colava, al povero, dalla mascella e il sorriso sembrava sorpreso. Che bella coda che aveva, da accarezzare. Decine di mosche già suggevano il suo sangue, forse ancora caldo. L'ho spostato adagiandolo tra l'erba alta, profumata e piena di vigore. Forse domani passeranno quelli della provincia a tagliarla con quel macchinario apposta e dello scoiattolo chissà quale ricordo avrà il creato. Anche del mio - e la campana intanto suona a morto. Il reale è razionale un cazzo e pochi filosofi oramai presenziano le agorà del mondo. Vorrei sapere cosa stanno a fare dentro i loro uffici e dipartimenti universitari: la filosofia deve tornare a battere le strade, come gli scoiattoli. Magari anche a farsi mettere sotto. La spingeremo poi, compassionevoli, ai bordi della strada.»

venerdì 22 ottobre 2010

Lasciare liberi i possibili

«Il filosofo ha la funzione, il filosofo si cura e ha la passione di proteggere al meglio il possibile, preserva il possibile come un bambino, lo avvolge come un neonato, è il guardiano delle sementi. Il filosofo è il pastore che pascola, sulle alture, il gregge confuso dei possibili, pecore pregne e tori frementi, il filosofo è il giardiniere, incrocia e moltiplica le varietà, salvaguarda la macchia boschiva primitiva, veglia sul tempo delle intemperie, portavoce dei tempi nuovi della storia e della durata, vacche grasse e vacche magre, il filosofo è il pastore della molteplicità.
Il filosofo non ha più ragione, non custodisce né l'essere né la verità. Il politico ha la funzione di avere ragione, lo scienziato ha la funzione di avere ragione, ci sono abbastanza funzionari della verità perché non se ne aggiungano altri, il filosofo non si circonda di verità come di una corazza o di uno scudo, non canta né prega per arrestare la paure notturne, desidera lasciare liberi i possibili. La speranza sta in questi margini, e anche la libertà».
Michel Serres, Genesi, Il Melangolo, Genova 1988 (pag. 97, traduzione di Gaspare Polizzi).

Sostituire la parola blogger al filosofo, pensa Lucas, questa la sua massima ambizione. Lasciare liberi i possibili modi di essere, quali essi siano. Ma i possibili sono possibili?
Scrive Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (13,12):  «Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad facies». Allora o è ora o non è. Lo specchio è qualcosa che riflette non enigmi, ma facce che ti seguono ovunque e non sempre sono le tue, mormora Lucas. È nello specchio che il possibile altro si manifesta; ma non basta la comprensione intellettuale per coglierlo, per catturarlo, per sentirlo nostro: occorre un brivido di compartecipazione, di ritrovata unità. Sfilarsi il doppio di dosso, farne bucato, restituirlo alla luce, appenderlo «su fili e su ali, al vento e al caso [e] col favore di una musa» asciugarlo per reindossare i panni di colui che ha vissuto finora per conto nostro: la vita va avanti,

La vita va avanti! La fita fa afanti!”
gridavan di naso novanta elefanti
o meglio sessanta, di cui trenta affranti,
tra anziani ed infanti non erano venti,
un sol pachiderma barriva tra i denti,
nessuno fiatava: da sempre era immerso
nel pieno silenzio l'immenso deserto.
Toti Scialoja, La mela di Amleto, Garzanti, Milano 1980

Lucas parla per enigmi: è l'unico modo per risolversi.