Visualizzazione post con etichetta Fabrizio De André. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Fabrizio De André. Mostra tutti i post

domenica 11 luglio 2021

Ancora

Per strada tante facce
Non hanno un bel colore
Qui chi non terrorizza
Si ammala di terrore

[Ansia]


Domenica di luglio. Incollo qui questa schermata e non la commento perché sento vibrare dentro me corde bombarole. Purtroppo, io con il tritolo non ci so fare, dunque le redazioni, tutte le redazioni, compreso l'algoritmo malefico di gogol news stia tranquillo, non subiranno danni, se non morali, quelli che moralmente mi infliggono dal marzo 2020 (AVETE STRAROTTO E STRAMAZZATO IL CAZZO!).

Domenica di luglio. Gran giro in quota salvezza, dentro il parco. Venti km, a corsa e a marcia, dislivello (positivo) di oltre mille metri, dolore alla bandelletta verso la fine, comunque ce l'ho fatta al fresco dei faggi secolari e a cavallo di uno dei crinali più belli dell'Italia centrale. Per la prima volta ho visto la Gorga Nera, un piccolo laghetto verde dove vivono rane temporarie e ululoni; dipoi rivisto Capodarno (compreso la bevuta di un sorso in palmo di mano à la source) e il Lago degli Idoli.

Devo pensare e produrre queste notizie: una forma autoredazionale di resistenza.

venerdì 4 ottobre 2013

Batte la lingua sul tamburo


Lasciando da parte le ballerine, in una democrazia di nani è un fatto fisiologico che, a forza di colpire il culo, prima o poi, un colpo vada nella direzione sbagliata e colpisca il cuore.
È vero o no, Vostro Onore?

lunedì 14 gennaio 2013

Non vogliono sentir l'odore di questo motore

Bronzo di Wolfsburg
Certo, un po' sbruffoncelli lo sono, quelli della Volkswagen, però hanno avuto e hanno, per ora, ragione, industrial-capitalisticamente parlando. Sono stati e sono i più bravi; fanno bene, quindi, a “gonfiarsi il petto” e prendere per il culo Elkann e Marchionne persino sul made in Italy. Personalmente, da cittadino italiano, non mi sento certo offeso, anzi: vorrei che la Volkswagen comprasse anche l'Anomina Lombarda Fabbrica Automobili Romeo. Sai che soddisfazione sarebbe vedere un'Alfa ri-disegnata da Da Silva (o Giugiaro) anziché vederla così lentamente morire, dato che, nonostante i vari rilanci e nuovi modelli, non riesce a tenere il passo, vattelappesca perché, le Alfa Romeo non attraggono il mercato tanto quanto la concorrenza tedesca (gli italiani in primis, ricordiamolo, sono i possessori di auto più esterofili d'Europa).

Ah, dite al salvalapatriadaicomunisti (detto anche, a volte, salviamolanostracompagniadibandiera) che, nel malaugurato caso diventasse ministro dell'Economia, dia subito l'esempio e venda la sua Audi blindata prima di fare una qualsivoglia critica alla Merkel.

A parte, ma mica tanto, ho trovato questa splendida battuta che copio e incollo:
«Gli stipendi italiani sono la metà di quelli tedeschi. E un millesimo di quelli italo-canadesi.» Roberto Biozzi.

domenica 13 marzo 2011

Un'Alka Seltzer per dimenticar

Sam Crawford
Stasera c'era Dori Ghezzi a Che tempo che fa, per sponsorizzare l'uscita della collezione di dvd di Fabrizio De André, Dentro Faber, proposta dal Corriere della sera e Sorrisi & Canzoni. A un certo punto la regia ha mostrato un estratto di un concerto di De André, quando sul palco arriva Ivano Fossati e insieme cantano 'Â çímma, scritta a quattro mani. Dori Ghezzi e Fabio Fazio ricordano, di passata, che il brano è stato ripreso dalla tournée Le nuvole del 1991, in particolare del concerto tenutosi a Firenze il 16 marzo.
Quasi vent'anni fa. E Lucas era lì, in piedi, al Palasport. Ed era con colei che, di lì a poche settimane, partì portandosi via con sé le nuvole. Egli rimase sotto un cielo luminoso che rifletteva la sua miseria. Restò senza cuore per un po' di tempo. Lei glielo prese senza tanti complimenti. Lui non la autorizzò. Mica scemo. Ma non ci fu verso, lei partì. Prese con sé le sue cose, alcuni suoi dischi, gli Amori ridicoli di Kundera, e la primavera non era ancora cominciata. Mah, che dire di una donna che ti lascia dopo che l'hai portata a vedere Giorgio Gaber, Paolo Conte e Fabrizio De André? Niente, non devi dire niente. Devi solo constatare che non vuole le tue americhe; vuole lasciarli liberi i tuoi sogni, farli crescere, senza immischiarsi nei tuoi limiti, nelle tue perplessità. Ecco cos'era lo strano sudore della sua mano, un sudore freddo, gelido, da farla sembrare di marmo. Che strano, proprio quando De André attaccava con questa canzone colossale. Ma era meglio così, soprattutto: era necessario. Come poteva Lucas diventare ciò che è se lei non fosse partita col suo cuore in prestito? Glielo rese alcuni anni dopo, senza interessi, ma glielo rese. Fu abbastanza gentile, era ancora in buone condizioni. Vi lasciò impresso solo un piccolo tatuaggio che gli ricorda ancora l'iniziale del suo nome. Una S, come stronza.