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giovedì 31 gennaio 2013

Animali da rimonta

Dopo aver messo a cuocere le lenticchie, stasera ripensavo al resoconto di Paolo Pascucci sulla «Lettera della rimonta» che Berlusconi ha inviato ai coordinatori regionali del Pdl. 
La strategia è semplice: riunire 10 amici che ci credono e costituire un team della rimonta; ognuno di questi 10 membri del team dovrà contattare a sua volta altre 10 persone incerte e spiegare loro perché conviene votare ancora PdL. L'obiettivo è quello di costituire 20.000 team di 10 persone ognuno i quali dovranno contattare almeno 2 milioni di elettori moderati. Il Fatto la chiama catena di Sant'Antonio, e dice che segue di poco tempo il kit del candidato
Subito il pensiero è corso a una mia collega che mi faceva una capa tanta perché avviassi un'attività di vendita, che «non è una vendita, ma una filosofia di vita», ella mi diceva, ma i suoi eccitanti decolleté non sono riusciti a convincermi ad ascoltarla fino in fondo, l'ho sempre stoppata declinando; qualità dei prodotti e soldi facili conseguenti a parte, non ci riesco a convincere neanche mia madre, io, le dicevo, per favore non insistere, «eppure Luca, sapessi quanto si guadagna, c'è gente che ha smesso persino di lavorare», sì, forse, non ne dubito, ogni piramide ha una punta e una base di tanti mattoni schiacciati.

Preferisco la polvere.

Il pensiero ha poi cambiato direzione, è andato più indietro nel tempo, ai tempi in cui ho provato davvero a fare il venditore porta a porta, anche se neanche tra i venti e i venticinque avevo un eloquio da fellatio alla Maurizio Lupi. 
Gli oggetti della vendita non potevano essere che libri. La sede provinciale della Rizzoli cercava, infatti, dei venditori e io credevo che fosse qualcosa tipo fare il commesso in una libreria; e invece no, enciclopedie da vendere, in particolare un prodotto appena uscito rivolto ai ragazzi. 
In realtà non era un vero porta a porta. Noi informatori librari (andavamo in due, come gli sbirri) ci presentavamo a casa previo appuntamento, preso con il piccolo-grande inganno di iscrivere i bambini della famiglia alle selezioni dello Zecchino d'oro, manifestazione canora della quale la Rizzoli, all'epoca, era lo sponsor principale. L'iscrizione era chiaramente gratuita e non impegnava i genitori dei figli iscritti a comprare alcunché. Tuttavia ci consentiva di promuovere certi prodotti che, guarda il caso, portavamo nella nostra valigetta. Piccoli figli di puttana che cercavano di guadagnarsi il salario cercando di spacciare enciclopedie, insomma. 
E mi viene in mente la prima volta. Dato che io ero un pivello, dovevo essere addestrato. Il responsabile di zona chiamò apposta due famose venditrici regionali, due donne in tailleur, una bionda e una bruna, sulla quarantina entrambe, belle donne, non troppo "erotiche" nell'aspetto, dacché il principale componente della famiglia da convincere era la mamma. Io andai con la bionda, il collega mio coetaneo con la bruna. Quando, uscita dall'ufficio, la bionda in tailleur grigio si accorse che doveva salire sulla mia vecchia centoventisette verde pisello, notai in lei un ghigno di ripulsa, nonostante la macchina fosse tutta bella tirata a lucido (me la lavava mia zia a mano, con il glassex). Pochi chilometri silenziosi, poi una villetta bifamiliare, campanello, ci aspettavano. Vuole la bambina partecipare alle selezioni, eccetera, sì? Che cara, e mentre io prendevo nome e cognome, ecco la professionista estrarre dalla sua ventiquattr'ore il kit di vendita, composto da: un volume dell'enciclopedia, una videocassetta sugli animali (anche questa prima di una lunga serie), un vocabolario d'italiano e uno d'inglese. Le fu sufficiente un quarto d'ora per convincere i genitori sull'utilità dell'acquisto: 2.800.000 lire da pagare in comode rate. Bum, affare fatto, che bella bambina che avete, no grazie, non importa il caffè, l'abbiamo preso poco fa, arrivederci. Uscendo dalla casa, notai nella professionista il volto sicuro e soddisfatto di una che ha dimostrato di sapere il suo mestiere, mentre in me cresceva l'idea che quello era un mestiere di merda.

Dopo la lezione-tirocinio, l'indomani io e il collega partimmo da soli per la caccia. Scelsi io da chi iniziare. Una famiglia di piccoli imprenditori tessili che avevano laboratorio e casa nello stesso stabile. Parlai io illustrando il materiale del kit, loro m'interruppero, non avevano tempo da perdere, gli bastava solo l'enciclopedia e non le videocassette e preferirono farmi un assegno di un milione e mezzo che saldava subito il conto anziché pagare a rate. Cazzo, com'è facile, ci dicemmo, io e il collega. Ma fu solo un colpo di fortuna. Almeno per me.
Le settimane successive, infatti, riuscii a piazzare solo un'enciclopedia presso una biblioteca comunale. Non l'avessi mai fatto: il responsabile mi disse, infatti, che le biblioteche devono essere gli ultimi acquirenti, dato che, essendo pubbliche, offrono una consultazione gratuita.
Decisi di abbandonare il lavoro e di farmi liquidare. Avevo guadagnato circa cinquecentomila lire. Non presi il vil denaro, ma mi comprai i primi cinque volumi della Grande Enciclopedia Filosofica della Marzorati, due tre dei quali dedicati al Pensiero cristiano. Cristo santo, che coglione.

Tutto questo m'è tornato in mente ascoltando Maurizio Lupi che spiega ai convenuti come funziona il kit e quale sia la strategia della rimonta. Le persone che dovranno essere contattate, dice Lupi, «sono persone indecise, sono persone che hanno dei dubbi, sono persone che volevano un contatto umano da parte nostra e che hanno sentito la televisione e la radio e hanno sentito che noi non avevamo fatto nulla in questi anni». Magari non aveste fatto nulla: avete fatto peggio di nulla, vale a dire schifo e ora volete fare la rimonta. La ri-monta. Ecco, spero vivamente che la maggioranza degli italiani non voglia nuovamente tale tipo di “contatto umano” e non sia più disposta a farsi ri-montare come Pasifae, ché questa volta il Minotauro che sortirà dalle elezioni, dopo il pelo, addenterà anche la carne.

domenica 13 gennaio 2013

Pensavo al puzzone (non di Moena) prima di cena.

Io non so se davvero er puzzone, dopo essere stato ospite della trasmissione di Santoro, avrà guadagnato reali consensi per la sua performance. Non lo so, ma se sì, non capisco perché. Perché ha proposto programmi politici convincenti, ovvero promesso credibili benefici ai cittadini elettori in caso di vittoria? Perché è stato un bravo ballerino, cantante, caratterista? Perché il suo eloquio fa l'effetto sui telespettatori come il suono del flauto dell'incantatore di serpenti?
In buona sostanza, mi piacerebbe conoscere non tanto le motivazioni politiche - non ce ne sono, Orazio, non ce ne sono - quanto le motivazioni psicologiche che porterebbero molti suoi precedenti elettori, delusi dalle sue ripetute prove di governante del cazzo, a ricredersi nel vedere lo spettacolo di arte varia di uno che, di sicuro, non è innamorato di loro, ma di sé.

Misteri della fede. Annunceremo la morte della Repubblica, proclameremo la sua Resurrezione.

E Monti? Quando passano all'attacco Monti e il suo centro che non si sente centro ma che vogliono superare i concetti di destra sinistra centro? Quando iniziano a far le pulci, ora che possono, ora che devono, al colossale conflitto di interessi che riguarda Berlusconi, trave enorme negli occhi della cosiddetta democrazia liberale?

La Chiesa cattolica, dopo un primo timido sbilanciamento al centro, attende di prendere una decisa posizione, passasse il caso che er sudicio riuscisse nell'impresa, meglio tenerselo buono, in fondo può tornare comodo per difendere i valori cristiani dal relativismo nichilista.

giovedì 3 gennaio 2013

Forme e limiti


Quanti anni ancora durerà questa situazione planetaria? Molti, troppi, difficilmente contabili col metro dell'unità: si passi alle centinaia o alle migliaia di anni.
Pessimismo cosmico? No, semplice constatazione dovuta al fatto che la coscienza di classe planetaria - con conseguente rivoluzione -  è di difficile applicazione. Più probabile la catastrofe; più probabile ancora un'«involuzione di tipo autoritario».
Suggestioni suggerite dalla lettura di questa “lezione” da collezione di Olympe de Gouges.

Sinceramente, vorrei che qualcuno riuscisse a sconfessare, razionalmente, tali evidenze - evidenze che sono, di fatto, viste per prime da quei pochi che sono riusciti e riescono ad essere capitalisti. Evidenze che sono oscurate, soprattutto, dai servi zelanti del capitale, i servi di prima categoria, i politici in primo luogo, e dai professionisti dell'informazione in secondo luogo.
Dicevo, vorrei fossero sconfessate perché potremmo ancora sperare nelle riforme (ah, ah, ah).

Non si tratta di additare quella decina di luridi budelli primi in classifica, i quali sono, da un punto di vista borghese, cittadini modello che pagano le tasse e “creano” posti di lavoro e fanno girare l'economia.
Anche se, fatti due conti semplici semplici, uno si dice: ma che cazzo se ne fanno di tutti quei quattrini?

Se li tengono.

Prendiamo il padrone dell'Ikea, Ingvar Kamprad, che vive come un morto di fame in Svizzera.
Egli ha guadagnato solo 6 miliardi di dollari nel 2012, dunque 500 milioni di dollari al mese, ovvero 16, 66... milioni di dollari al giorno.
Prendiamo ora diecimila dipendenti Ikea e diciamo che, per fare conto pari, guadagnano 2000 dollari al mese cadauno: il totale è 20 milioni di dollari al mese di stipendi, ovvero: il totale dello stipendio mensile di diecimila persone è di poco superiore a quanto il padrone, da solo, guadagna in un giorno.

Perché, o fottuta democrazia “liberale”, consenti queste cose?

Perché la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Forme e limiti. Limiti e forme. Tette, culi, cazzi, fiche. Un'orgia di forme e di limiti. La dispensa e il frigo pieni di forme e di limiti. Unica speranza: come tutti gli alimenti, un giorno anche le forme e i limiti avranno una loro naturale scadenza e saranno buttati nel compost della storia.

E poi? 

P.S.
I decrescitori felici sono diffidati dal credere che il compost si riferisca alle loro teorie da morti di fame biologica.

domenica 9 maggio 2010

Esistere come corpo

«Diamo il nostro corpo a tutti, anche al di fuori di ogni relazione sessuale: attraverso gli sguardi, i contatti. Lei mi dà il suo corpo, io le do il mio: esistiamo l'uno per l'altro come corpi. Ma non esistiamo allo stesso modo come coscienza, come idee, sebbene, le idee siano modificazioni del mio corpo.
Se volessimo esistere veramente per l'altro, esistere come corpo, come corpo che può essere continuamente spogliato - anche se non lo si fa mai - le idee dovrebbero manifestarsi all'altro come provenienti dal corpo. Le parole sono tracciate in una bocca da una lingua. Tutte le idee dovrebbero manifestarsi allo stesso modo, anche le più vaghe, le più fugaci, le meno afferrabili. In altre parole non dovrebbe più esistere questa clandestinità, questa segretezza che taluni secoli hanno creduto fosse l'onore dell'uomo e della donna. Questa mi sembra una sciocchezza».

Jean-Paul Sartre, Autoritratto a settant'anni e Simone de Beauvoir interroga Sartre sul femminismo, Il Saggiatore, Milano 1976 (pagg. 11.12)

La formazione delle idee passa dal nostro corpo? O le idee sono in circolo nelle menti del mondo rimbalzando da una testa all'altra e il corpo (il nostro) le modifica, le trasforma? Se improvvisamente il mondo venisse spogliato del nostro corpo, le idee continuerebbero a circolare come satelliti impazziti o cadrebbero al suolo come pioggia, come lacrime? A cosa mi riferisco? All'idea di Dio*. L'idea di Dio proviene dal nostro corpo e, nel corso dei secoli, l'abbiamo modificata, trasformata - soprattutto: allontanata dalla sua origine. Dio - e a cascata: lo Stato, la Struttura generale che ci guida e governa è invenzione del corpo umano. Il corpo, il nostro, quello di ognuno, è il centro del mondo. Rimpossessarsi del corpo per rimangiare l'origine dell'idea.

Un idea un concetto un'idea
finché resta un'idea
è soltanto un'astrazione
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione.

mercoledì 28 aprile 2010

Il doppio è un'eco dell'io



Non sono un feto sepolto in fondo a me stesso e che verrà,

sono io, io;

e sono io, io, io a essere lì davanti,

e non un altro,
davanti al fondo in rivolta dell'altro
che non è l'altro del mio io,

né un altro di fronte a me,
e che non ha altro scopo, per vivere,
se non di vivere nel mio riflesso,
che mi gioca poi il brutto scherzo di dirmi:
«Sei tu a doppiarmi,
sei tu il doppio, e non io».
È il linguaggio innato del servo che un giorno la luce diede

all'ombra, e il corpo umano alla tomba,
lingua di tutti i reprobi,
perché in fin dei conti da dove saltò fuori Satana,

perché questo doppio e quest'eco?
Perché un doppio e un'eco,

perché un vuoto, perché un pieno?

Chi ha fatto le categorie, gli esseri, le determinazioni? se

non il doppio e l'eco? Ma chi fece il doppio e l'eco?

Satana è forse solo un doppio e un'eco;

ma egli è l'accezione infusa, il senso macinato,

che assume la virtualità originaria delle cose, rifugiate nella

loro tana indolore,
come il sesso sotto il tetto di un cuore.


Antonin Artaud, Succubi e supplizi, Adelphi, Milano 2004 (trad. Jean-Paul Manganaro - pag. 219,220)

Sei tu a doppiarmi sei tu il doppio e non io.
Ecco qui, rivelata nel lampo di genio di uno più grandi rabdomanti del Novecento, la genesi di ogni conflitto mimetico. Nessuno riconosce mai il proprio mimetismo, tutti si sentono padroni del proprio io senza accorgersi che questo è l'inizio della schiavitù. Siamo schiavi di un'illusione. «Non esiste una cosa simile a quello che comunemente chiamiamo sé. Al contrario di ciò che la maggior parte delle persone crede, nessuno è mai stato o ha mai avuto un s黹. Lo so, questo discorso è difficile e non esauribile nello spazio di un commento breve e serale (e nemmeno ho le competenze per farlo: qui, uno in gamba). Tuttavia voglio solo accennare al fatto che noi umani, generalemente, facciamo troppo affidamento su questa illusione, gli diamo troppo valore e non consideriamo che l'io è un insieme di stati mentali che ci fanno credere di essere io; e che gli stati mentali avvengono a mente formata e accesa, mentre non ci sono a mente non formata e si esauriscono a mente spenta. E che, infine, nello spazio della nostra vita cosciente, quello che crediamo di riconoscere come io non è altro che il pensiero riflesso che supponiamo gli altri abbiano di noi, così come noi contribuiamo a far esistere gli altri: reciprocità. Il problema del conflitto mimetico sorge quando attribuiamo un di più di esistenza all'io degli altri e invidiamo gli altri - come ri-faccio dire ad Artaud:
È il linguaggio innato del servo che un giorno la luce diede
all'ombra, e il corpo umano alla tomba,
lingua di tutti i reprobi,
perché in fin dei conti da dove saltò fuori Satana,

perché questo doppio e quest'eco?

¹Thomas Metzinger, Il tunnel dell'io. Scienza della mente e mito del soggetto, Cortina, Milano 2010. Brano estratto dalla recensione al libro di M. Di Francesco pubblicato sul Sole24Ore di domenica scorsa.

giovedì 15 aprile 2010

Della felicità

«È per la felicità come per la verità: non la si ha, ma ci si è. Felicità non è che l'essere circondati, l'esser dentro, come un tempo nel grembo della madre. Ecco perché nessuno che sia felice può sapere di esserlo. Per vedere la felicità, dovrebbe uscirne: e sarebbe come chi è già nato. Chi dice di essere felice mente, in quanto evoca la felicità e pecca contro di essa. Fedele alla felicità è solo chi dice di essere stato felice. Il solo rapporto della coscienza alla felicità è la gratitudine: ed è ciò che costituisce la sua dignità incomparabile».

T.W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino

P.S.
Son quasi sicuro di aver riportato questo brano un paio d'anni fa ma non riesco a ritrovarlo, forse perché non gli avevo messo l'etichetta giusta. Lo riporto, anche perché ripetere fa bene, soprattutto quando ci sono passaggi così sublimi di pensiero.

lunedì 4 gennaio 2010

Doppio cervello

«La scienza sempre più, - col gettare il sospetto su fonti di consolazione come la metafisica, la religione e l'arte, - toglie gioia: quella grandissima fonte di piacere, alla quale gli uomini devono quasi tutta la loro umanità, si impoverisce. Perciò una cultura superiore deve dare all'uomo un doppio cervello, qualcosa come due camere cerebrali, una per sentirci la scienza, un'altra per sentirci la non scienza».

Friedrich Nietzsche, Umano, troppo umano, Adelphi, Milano.

Riporto questa citazione nietzschiana per confrontarla con quanto scrive Leonardo a proposito del terrorista nigeriano bloccato fortunatamente prima che potesse far saltare in aria l'aereo.
Non credo che Nietzsche abbia ragione. O meglio: non può averla dato che l'uomo ha da sempre avuto un doppio cervello. Il problema è semmai sfatare il mito che la scienza, la razionalità, la riflessione - tout court: il pensare non consolino l'umanità e la impoveriscano; il problema da risolvere è come gettare un ponte stabile¹ tra i due cervelli, in modo che essi comunichino e non si facciano paura a vicenda. Giacché quando il doppio cervello funziona all'unisono è più facile inciampare nella verità di questo mondo: cadere, toccare terra, alzare lo sguardo al cielo, respirare aria, non il contrario.

¹Spero che Paolo conforti questa ipotesi...

mercoledì 23 dicembre 2009

Padre nostro

«Luca
hai mai provato a metterti nei panni di chi crede, veramente, con tutto se stesso? Hai mai provato a fare questa operazione, magari utilizzando esperienze tue proprie riguardanti altri settori, tanto per capire cosa si prova?
Siamo discretamente d'accordo che il Cristianesimo si debba a un uomo come causa prima, e a pochi altri filosofi che ne hanno definito la dottrina, visto che il fondatore non ha lasciato niente di scritto?
Nutro, da ateo, un profondo rispetto per questa figura, non so se mitica o storica, ma buoni segni per la seconda ipotesi vi sono.
La sua capacità di convincere (non credo ai suoi miracoli) basandosi solo sulle sue capacità, misto tra dialettica e empatia, mi sorprende e ammalia, ben conoscendo la difficoltà delle gente a essere convinta.
Ora arriva la parte sgradevole: come si mantiene unita cotale massa di individui, che possono andare da quelli più semplici a quelli con elevate capacità intellettive, allo scopo di aderire a quello che si crede come una verità indiscutibile, e cioè l'esistenza di Dio, degli angeli e dei santi in marcia?
Se partiamo dall'ipotesi, e non ho motivi per dubitarne, che il papa, il più alto, gerarchicamente parlando, rappresentante della cristianità in terra, è perfettamente convinto di ciò in cui crede e che debba essere mantenuta l'unità dei cristiani, obiettivamente, quale metodo avrebbe di mantenere la coesione?
relativizzare, distruggendo le fondamenta?
Distruggeresti te stesso,credendo, assolutamente e fedelmente, come un vero e appassionato credente?
E in fondo, anche noi atei, in fondo in fondo, non restiamo stupefatti, non restiamo stupefatti quando lo sconforto ci coglie?
(sai che sono d'accordo con le tue tesi, infatti ne ho anche provato a scrivere...solo che mi dispiace sparare sempre sulla croce rossa...)»¹

Hai colto il punto: come Cristo ha accettato "assurdamente" la croce "distruggendo" se stesso [senz'altra opposizione o ribellione che il «Elì, Elì lamà sabactani»] anche la Chiesa ha paradossalmente questo dovere (o destino): perdere se stessa, lasciarsi continuamente sconfiggere, dissolvere, liquefare. La Storia paradossale del cristianesimo, dalle catacombe allo Stato Pontificio (ora Città del Vaticano) inficia questa ipotesi. Ecco perché le loro presunte lotte di "difesa della Vita" o di "difesa dei valori"² non sono altro che lotte per la difesa proterva del potere ancora enorme che li scandalizza - cioè li fa continuamente inciampare (skandalon = pietra d'inciampo).
La massa di individui non deve essere mantenuta unita: sia dispersa, si faccia, appunto, individuo, si sciolga dal suo essere massa.
Chi crede veramente con tutto se stesso, infine, a cosa crede? A tutte le leggende che (ci?) proteggono dall'orrore della morte? Oppure a quel Qualcuno che retribuisce qui e ora della nostra fedeltà? Banale esempio: lo studente ginnasiale che accende un cero per non essere interrogato l'indomani e che vede realizzato il suo desiderio diverrà poi un giorno quell'adulto che dirà a stesso ma che cazzo di Dio ho pensato che fosse? Io penso che c'è gente che prega per vincere il Palio, per vincere una partita, per umiliare un avversario e io devo ritornare nei panni di questa gente? Dico ritornare perché, inutile negarlo, io sono stato quella gente. Io ho chiesto perdono per una sega di troppo, per mille lire rubate alla nonna, perché quella lei non mi lasciasse; io ho pregato perché l'indomani fosse tempo buono, non facessi ritardo a un importante appuntamento. Poi, a un certo punto del mio cammino, ho provato a "leggere" il Padre Nostro, anziché pregarlo: e ho letto:

Padre nostro
che sei nei cieli


cioè misterioso enigma che ci potresti anche non essere, com'è altamente probabile che sia,

sia santificato il tuo nome

il nome del Padre, ovvero di quella cosa particolare che potrebbe appunto non essere,

venga il tuo regno

cioè venga pure ciò che è già né più né meno, così come è questa fottuta o beneamata realtà

sia fatta la tua volontà
come in cielo così in terra


e la volontà è fatta: il mondo è questo, il cielo pure, un infinito ammasso di universo per manifestare la tua esistenza nei nostri cervelli bambini mi sembra un enorme spreco di energia: ho capito: noi siamo il tuo apparecchio televisivo, il resto è il tuo mondo, cieli e cieli e stelle e stelle, buchi neri e via discorrendo.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Carpe diem: mangiare bere dormire evacuare, con costanza, proteggendoci dal caldo e dal freddo: sussistere, ogni tanto fare sesso in qualche modo, in qualsiasi modo.

Rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori


Qui siamo in campo economico: etimologicamente economico. Entrare cioè in una buona reciprocità con il proprio prossimo per vivere meglio, senza avere o dare pene.

Non ci indurre in tentazione

Come sopra: qui leggo che uno deve cercare, per quanto può, di non compiere azioni le cui conseguenze potrebbero causare in lui (e in altri) danni fisici o morali. Si potrebbe chiamare in causa il famoso passo di Papà Goriot di Balzac³ «là dove chiede al lettore che cosa farebbe se con la sola forza della volontà potesse uccidere un mandarino cinese nella remota Pechino, entrando così in possesso di un'immensa fortuna». Beh, qui la tentazione sarebbe grande, ma dopo io, personalmente, temerei d'impazzire dal rimorso per aver ceduto a tale tentazione (come accade a uno dei protagonisti di Sogni e delitti, anche se lì il caso è un po' diverso)

ma liberaci dal male. Amen.

Il male, cos'è il male? Tutto quello che provoca dolore, sconforto, smarrimento, malattia. Il male è la violenza, la stupidità, la cattiveria eccetera eccetera. Io aggiungo volontieri una “r” prima della particella pronominale finale “ci”. Siamo solo noi che possiamo - in parte - farlo, e questo è un dato incontestabile.

Adesso mi fermo. Ho pregato prima di Natale e non pensavo di farlo. Dio [sic!] te ne renda merito, Paolo.
Un abbraccio.

¹Chi mi scrive è Paolo Pascucci in un commento al mio precedente post
²Un regalo a Galatea!
³Henning Ritter, Sventura lontana, Adelphi, Milano 2007

giovedì 12 novembre 2009

Una strofa


IX.

L'uomo riflette sulla propria vita,
come la notte sulla lampada. A un momento dato
oltrepassa i confini di uno dei due emisferi,
il pensiero, e scivola via, come fosse una coltre,
denudando qualcosa, forse un gomito; la notte
è ingombrante, questo è vero,

ma non così smisurata da pensare che ricopra
entrambi gli emisferi. E l'asia e l'europa
del cervello, e le altre gocce di terra in mare, e l'africa,
a poco a poco scricchiando sull'asse secca, ruotando,
esibendo la loro vizza gota,
verso l'airone elettrico.

Guarda un po': Aladino dice «sesamo» ed ha davanti l'oro;
chiamando Bruto, Cesare vaga nel deserto foro;
nel chiosco al Figlio del cielo parla d'amore l'usignolo;
una fanciulla dondola sotto il lume una cuna;
accenna sulla sabbia un papuaso nudo
un boogie-woogie.

Afa. Calciando al buoi col ginocchio scoperto, in sonno,
capisci all'improvviso, a letto, che è un matrimonio:
che s'è voltato su un fianco a mille miglia di distanza
un corpo, con il quale da gran tempo
hai in comune solamente il fondo
dell'oceano e l'esperienza

delle nudità; ma non per questo ci si alza in due.
Perché mentre laggiù c'è chiaro, qui nel tuo
emisfero fa buio. Per così dire, un astro solo
non basta per due corpi ordinari. Ossia
il globo è stato messo insieme, come voleva Iddio.
E non bastava un sole.

Iosif Brodskij, Ninnananna da Cape Cod, da Poesie, Adelphi, Milano 1986 [trad. Giovanni Buttafava]