venerdì 31 luglio 2009

«È rimasta laggiù, calda, la vita»


È rimasta laggiù, calda, la vita,
l'aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi...

Rimasta è la carezza che non trovo
più se non tra due sonni, l'infinita
mia sapienza in frantumi. E tu, parola
che tramutavi il sangue in lacrime.

Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi...

Torno sola
tra due sonni laggiù, vedo l'ulivo
roseo sugli orci colmi d'acqua e luna
del lungo inverno. Torno a te che geli

nella mia lieve tunica di fuoco.

Cristina Campo, La tigre assenza, Adelphi, Milano 1991

Dell'improduttività

«È sempre indizio di un'epoca improduttiva che essa si addentri tanto nelle minuzie della tecnica, e del pari è indizio di un individuo improduttivo che egli si occupi di tali cose».

da una lettera di Goethe a Eckermann dell'11 febbraio 1831.

Questo “aforisma”, che ha come tema la critica letteraria, credo sia opportuno estenderlo anche al vorticoso indaffararsi ecclesiastico sui temi bioetici di inizio e fine vita. Infatti, più l'ecclesia si addentra nelle minuzie tecniche più perde di vista l'orizzonte della vita stessa che è tutta dentro e non agli estremi del segmento che la rappresenta.

Prosit



Bravo Antonio, «quasi quasi la provo» anch'io la pasticca. Speriamo solo sia effervescente, così dopo si farà un bel rutto alla salute del monsignore.

La rappresentazione artistica (angosciosa) del mondo

«Si dirà che l'angoscia non è necessaria all'arte; all'arte in generale no, ma all'arte d'avanguardia sì. C'è poco da fare, il neocapitalismo avrà aumentato e generalizzato l'alienazione, ma l'ha anche resa più scontata e più fiacca, estraendone l'angoscia e proiettandola nelle viscere della terra o nella stratosfera, là dove si svolgono gli esperimenti atomici, oppure in quei remoti paesi coloniali e semicoloniali in cui si decidono le sorti del capitalismo: comunque in luoghi dove non si può arrivare durante il week-end e che restano sottratti all'esperienza dell'intellettuale, che non ha più nemmeno bisogno di lavorare in una società di assicurazioni. Non si possono più ricostituire artificialmente l'ambiente familiare e sociale, le condizioni di vita, gli orizzonti culturali, religiosi, politici entro i quali e contro i quali si sono formati Proust, Kafka, Joyce, Musil, Brecht. La borghesia non attraversa più una crisi morale e spirituale, semplicemente perché ha perso l'anima: l'ha venduta ai monopoli, ottenendone in cambio, sia pure a rate, la sicurezza che le mancava [¹]. Questo non significa la morte dell'avanguardia. Significa che i pochi veri visionari saranno sempre più rari e i molti gregari sempre più numerosi, rumorosi e noiosi. Essi si divideranno fraternamente la piccola alienazione, quella da elettrodomestici, da sbronze e da sesso. Ce n'è per tutti. [...] Con buona pace degli apostoli dei nuovi linguaggi, questi di per sé non sono che cortine fumogene spruzzate dalla cattiva coscienza dello scrittore che non sa che pesci pigliare. Quando c'è un nuovo contenuto, giusto o sbagliato che sia, ma comunque vivo e sentito, che importi l'enunciazione, l'Aussage [affermazione] di una particolare condizione umana, esso non si deposita in un nuovo linguaggio bensì [...] in una nuova forma» (1962)

Cesare Cases, Saggi e note di letteratura tedesca, Einaudi, Torino 1963 (pag. 356-7)

¹ Grassetto mio

giovedì 30 luglio 2009

La rivolta ingegnosa in Italia

Internazionale riporta uno stralcio di un articolo del Time dove si legge che in Iran è cominciata la fase 2 della protesta.

“La seconda fase è cominciata col boicottaggio dei prodotti che si fanno pubblicità sulla tv di stato. Ho cercato di acquistare un prodotto di un certo marchio e un attivista iraniano dietro di me mi ha sussurrato: ‘Non comprarlo, è di un inserzionista’. Si prosegue poi con l’accensione di tutti gli elettrodomestici della propria casa poco prima dei telegiornali del regime, così da far saltare l’energia elettrica in interi quartieri. Senza contare le manifestazioni lampo: dei blitz lunghi abbastanza da poter gridare ‘Morte al dittatore!’ ma non da permettere alle forze speciali di localizzare e arrestare i dimostranti”.


Fatte le debite differenze tra la drammatica situazione iraniana e la nostra - fortunatamente ancora “democratica” [per quanto?]-, chi trova insopportabile l'attuale governo (l'effettiva maggioranza degli italiani in fondo - la maggioranza relativa è minoranza effettiva) potrebbe adottare un analogo tipo di rivolta ingegnosa.

Qui non si tratta di seguire le orme del Grillo. Qui si tratta di prendere buone abitudini private che diventino, come d'incanto, massa critica. A me pare di essere sulla buona strada. Del calcio sono completamente disintossicato per esempio. RaiunodueRete4Canale5Italia1 li ho praticamente piombati (ma qualcuno dovrebbe vederli per me per dirmi: “non comprare questo e quello”). Così su due piedi, la fatica più grossa sarebbe ogni tanto privarmi di qualche volume di Mondadori, Einaudi, eccetera. Va be', ma Richard Dawkins e Vito Mancuso (solo per citare alcuni a me cari editi lì) valgono uno strappo alla regola.
Sì, lo so, non serve a niente. Mi pare di riesumare il Bo.Bi. Quando vedo la fila dai tabaccai per giocare al Superenalotto, o per fare una selezione al Grande Citrullo so benissimo che il mio è un parlare al vento, è uno scimmiottare la sapienza del Qoèlet.

Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo durato a farle: ecco, tutto mi è apparso vanità e un inseguire il vento: non c'è alcun vantaggio sotto il sole.
Ho considerato poi la sapienza, la follia e la stoltezza. «Che farà il successore del re? Ciò che è già stato fatto». Mi sono accorto che il vantaggio della sapienza sulla stoltezza è il vantaggio della luce sulle tenebre:

Il saggio ha gli occhi in fronte,
ma lo stolto cammina nel buio.
Ma so anche che un'unica sorte
è riservata a tutt'e due.

Allora ho pensato: «Anche a me toccherà la sorte dello stolto! Allora perché ho cercato d'esser saggio? Dov'è il vantaggio?». E ho concluso: «Anche questo è vanità». Infatti, né del saggio né dello stolto resterà un ricordo duraturo e nei giorni futuri tutto sarà dimenticato. Allo stesso modo muoiono il saggio e lo stolto.

Qoèlet, 2, 11-16

I piedi a terra 6.



Nuovo mio articolo su Giornalettismo estate. Da leggere in loco ameno, tra il rosseggiar dei peschi e d'albicocchi.

La solitudine di Silvio.

mercoledì 29 luglio 2009

Europa cavalca un toro nero

Vi invito a leggere, con un piccolo sforzo, questi versi di straniamento, così attaccati alla realtà d'oggi, alle sue tragedie pubbliche e private, al dolore provocato dal caso, dal caos, dalla matta bestialitade umana. Nessuna spiegazione, nessun riferimento storico, salvo la data finale riportata anche nel libro. Non oso spiegare i versi, ho sempre detestato le parafrasi. La poesia è un frutto che si coglie e si mangia subito, necessariamente, presi da una fame atavica di capire la realtà e non capirla. Fare spazio alla poesia dentro se stessi richiede il vuoto, il digiuno da ogni preconcetto. La poesia salva l'anima o non la salva: è la cosa più inutile, più improduttiva, ma proprio per questo più indispensabile. Buona lettura.

1.
Attento abitante del pianeta,
guardati! dalle parole dei Grandi
frana di menzogne, lassù
balbettano, insegnano il vuoto.
La privata, unica, voce
metti in salvo: domani sottratta
ti sarà, come a molti, oramai,
e lamento risuona il giuoco dei bicchieri.

2.
Brucia cartucce in piazza, furente
l'auto del partito: sollevata la mano
dalla tasca videro forata.
Tra i giardini sterili si alza,
altissimo angelo, in pochi
l'afferrano e il resto è niente.

3.
In su la pancia del potente
la foresta prospera: chi mai
l'orizzonte oltre l'intrico scorgerà!
Fruscia la sottoveste sul pennone,
buone autorità, viaggiano in pallone,
strade e case osservano dall'alto,
gli uomini sono utili formiche,
la folla ingarbugliata, buone
autorità, cervello di sapone,
sopra le case giuocando scivolate.

4.
Un incidente, dicono, ogni ora,
una giornata che c'era scuola nell'aria
un odore di detriti, crescono
sulla piazza gli aranci del mercante.
Il pneumatico pesantissimo (tale
un giorno l'insetto sfarinò)
orecchie livella occhi voce,
le scarpe penzolano dal ramo,
evapora la gomma nella frenata.

5.
Il treno, il lago, gli annegati,
i fili arruffati. Il ponte nella notte:
di là quella donna. Il viola
nasce dall'unghia e il figlio
adolescente nell'ora prevista dice:
«Usa il tuo sesso, è il comando.»
Dentro la ciminiera, gonfio di sonno
precipita il manovale, spezzata la catena.

6.
Cani azzannano i passanti, uomini
raccomandabili giudicano l'assassino,
fuori, presto, scivoli.
Negri annusano il vento.
Ambigua è la sciagura,
le sentinelle, i poliziotti.
I due voltarono le spalle.
Rete, sacco: volati
in basso come pompieri.
Spari, vibra l'asfalto,
alla porta di una casa il tonfo.

7.
Con le mani la sorella egli
spinge sotto il letto. Un piede
slogato dondola di fuori.
Dalla trama delle calze sale
l'azzurro dell'asfissia. Guarda,
strofina un fiammifero, incendia
i capelli bagnati d'etere
luminoso. Le tende divampano
crepitando. Li scaglia nel fienile
il cuscino e la bottiglia di benzina.
Gli occhi crepano come uova.
Afferra la doppietta e spara
nella casa della madre. Gli occhi
sono funghi presi a pedate.
Mani affumicate e testa
grattugiata corre alla polveriera,
inciampa, nel cielo lentamente
s'innalza l'esplosione e i vetri
bruciano infranti di un fuoco
giallo; abitanti immobili,
il capo basso, contano le formiche.

8.
Osserva l'orizzonte della notte,
inghiotte la finestra il gorgo del cortile,
l'esplosione soffiò dal deserto
sui capelli, veloce spinta al terrore:
tutto male in cucina, il gas
si espande, l'acqua scroscia,
la lampada spalanca il vuoto.
Richiude la porta dietro a sé,
e punge gli occhi il vento dell'incendio,
corre sugli asfalti, cosparso d'olio:
saltano i bottoni alla camicia estiva,
la ferita si colora, legume
che una lama rapida incide.

9.
Vide dal suo posto le case
roventi incenerirsi e in fondo alla città
i denti battono sotto le lenzuola
e guizzano i corvi all'ombelico.
L'A è finestra e oltre
si agita la pianura di stracci.
L'O si apre e chiama
lago ribollente fango.
«Galoppate a cammello nel deserto!»
Fa acqua l'animale sventrato
dal taxi furibondo: si ricordò
d'avere atteso tanto, la gola
trapassa il sapore dei papaveri:
cala veloce nelle acque dentro
l'auto impennata, volontario
palombaro, con un glù senza ricambio.

10.
Un coro ora sono, ondeggianti
nel prato colmo di sussulti.
«Lo zoccolo del cavallo tradisce,
frana la ragione dei secoli.»
Urla una donna, partorisce,
con un bambino percosso dalle cose.
Con un colpo di uncino mette a nudo
l'escavatrice venose tubature,
e radici cariche di schiuma
nel vento dell'albero antico,
spasimano, gigante abbattuto.
Quattromila metri di terriccio
premono le schiere, e un minatore
in salvo ha mormorato:
«Là è tutto pieno di gas.»
Un attimo prima di scivolare
nella fogna gridò: Sì.

1958


Antonio Porta, I rapporti (1958-1964), da Tutte le poesie, Garzanti, Milano 2009

Du Cota de chez Swann


[*]
Mi sbaglierò, ma secondo me Ella passa più tempo dal visagista, dal parrucchiere, dall'occhialaio, dallo stilista che coi maestri, coi professori, coi dirigenti scolastici, coi ricercatori, coi rettori, cogli studenti...

Gente del Nord 2.

Botta e risposta tra me il mitico Formamentis sulla vexata quæstio nordica. Lo riporto di seguito non prima di aver chiesto: ma se i padani fossero in maggioranza come il Forma chi si leggerebbe così volentieri nella rete? Il blog del Matteo Salvini? [non lo linko manco se mi paga]

L: O messer Formamentis tu sì che te ne intendi e quindi porgo anco a te la seguente dimanda: ma è il popolo del nord che informa la lega o la lega a informare il popolo del nord? Io porco, son quindici anni che sgovernano lo settentrione e ancora si lamentano de Roma, de Riccione, der Ricchione, der Meridione e de l'Africano? Maledetto i' giorno che ho comprato una macchina a rate maledetto. Mi sento del Norde, mi sento uno stronzo.

F: È tutto un circolo viziato, popolo e partito si tengono bordone, cambiare non cambia nulla, del resto se cambiasse per la Lega sarebbe la fine.

Domandina a margine:
Dato che la Cultura non li ha mai intaccati né li intaccherà, quale strategia potrebb'essere adottata per infettare con altri memi, meno pericolosi e ignoranti, le menti del cosiddetto popolo del nord?

martedì 28 luglio 2009

Sii tutto ciò che puoi essere

«Ognuno di noi è quello che è, con i suoi nei e tutto il resto. Io non sono in grado di essere un campione di golf, o un pianista da grande concerto, o un fisico quantistico. Lo posso sopportare. Tutto ciò fa parte di chi io sono. Posso superare i novanta su un campo da golf, o addirittura suonare una fuga di Bach dall'inizio alla fine senza commettere errori? Posso provare, pare; ma se non dovessi riuscirci mai, questo potrebbe significare davvero che non avrei mai potuto farcela? “Sii tutto ciò che puoi essere!” - recita uno squillante slogan per il reclutamento nell'esercito degli Stati Uniti; ma non cela una beffarda tautologia? Non siamo noi tutti, automaticamente, tutto ciò che possiamo essere? “Ehi, sono un tipo indisciplinato, maleducato, un grosso sacco di lardo che non ha la minima intenzione di arruolarsi nell'esercito. Io sono già tutto ciò che posso essere! Io sono quello che sono!” Chi parla in questo modo si sta automaticamente escludendo dalla possibilità di una vita migliore o ha colto il nocciolo del problema? [...] Ognuno di noi potrà mai fare qualcosa di diverso da ciò che finisce per fare? Anzi, che senso avrebbe fare una qualsiasi cosa?»

Daniel C. Dennett, L'evoluzione della libertà, Raffaello Cortina Editore, Milano 2004 (pag. 9-10)

Gente del Nord

Facendo alcune considerazioni a margine di un suo post, chiedevo, un po' confusamente, a Federica Sgaggio se dopo tanti anni di effettivo governo della Lega Nord, dal potere nazionale a quello locale, ci siano stati degli effettivi (e apprezzati) cambiamenti concreti (cioé, non solo parole e folclore) per la “gente del nord” che, appunto, ha votato Lega. Federica mi risponde così (taglio solo una parte relativa a una mia domanda specifica sui conti sanitari):

«In generale, non penso che ci siano stati cambiamenti “concreti”, a meno che non si consideri concreto (e purtroppo credo che concreto esso sia) il montare di un’arroganza, di una brutalità e di un antimeridionalismo che non sussurrano più le loro ragioni al chiuso, arrossendo di vergogna.

E no: credo che la gente del nord sia esattamente così come la Lega la dipinge, la vuole e le dà voce.
Altrimenti non mi spiego tutti quei voti.
Non ho mai creduto che la Lega fosse il cosiddetto “voto di protesta”. Questa ce l’hanno raccontata ma io non ci credo: è il voto di chi crede di avere ragione su tutto, di aver diritto di cacciare chi è diverso, di chi pensa che il denaro sia tutto, di chi crede che l’ignoranza sia un valore perché la cultura è ciò da cui è sempre stato escluso, e ora scopre che la cultura non è necessaria, e che può propagandare per cultura le sue opinioni da osteria.

Secondo il mio modestissimo parere, dare il voto alla Lega è esprimere un’opinione politica che con qualche piccola semplificazione definirei fascista».

Facevo meglio a non chiedere nulla. Queste parole mi dànno un senso di tristezza civica incolmabile. Ma confido molto nell'icastico epigramma zanzottiano¹:


In questo progresso scorsoio

non so se vengo ingoiato

o se ingoio


¹Andrea Zanzotto, In questo progresso scorsoio, Garzanti, Milano


Loro sanno chi è, loro sanno dov'è, loro sanno che fa

I vescovi hanno parlato e «chiunque è stato raggiunto dai loro interventi ha capito quello che si doveva capire».

lunedì 27 luglio 2009

Cantabile (ma stonato)

Il bambino che vinta
infine la vergogna nera
di credere, e in preghiera
per un'ora poi lascia
il suo mazzetto di fiori
a Santa Rita da Cascia,
come potrà, mio Dio,
come potrà poi senza
odio perdonarti il furto
della tua inesistenza?

Giorgio Caproni, Il muro della terra (1964-1975), da Tutte le poesie, Garzanti, Milano 1999.

domenica 26 luglio 2009

Il realismo narrativo

«Suvvia, signori miei, si può forse chiamare creazione artistica questo spiare dal buco della serratura la vita della gente insignificante? Perché, mi sembra assodato che gli uomini di rango superiore, ammesso che ancora ve ne siano, non permettono certo a sguardi indiscreti di violare la loro vita! E allora? Allora ve lo dico io cosa fa lo scrittore: si mette lui stesso al livello dei suoi grigi personaggi, ci beve insieme e gli dà del tu, per un'insana foia di autoumiliazione cui nessuno lo spinge. E questo sarebbe il realismo? Sarebbe questa la letteratura aperta ai valori sociali? Puah! Si fan vedere i difetti delle canaglie, si creano dei tipi positivi che puzzano di artificioso lontano un miglio, il tutto condito con un piatto ottimismo fondato sulla più completa cecità. Ecco le baggianate che vanno per la maggiore! Ma fatemi il piacere!...»

Stanislaw Ignacy Witkiewicz, Insaziabilità, Garzanti, Milano 1973 (pag. 24)

Ringrazio Malvino per avermi fatto conoscere questo autore che farà parte delle mie letture estive.

Se lo avessi scoperto prima questo brano sarebbe comparso di sicuro nel mio ultimo articolo su Giornalettismo

Pallosi picchi



Pare che sia proibito discutere serenamente del nostro futuro, dell'imminenza di certi avvenimenti apocalittici. Pare che ci piaccia più ascoltare orchestrine estive su assolati piano bar e comportarci come le, effettivamente, più simpatiche cicale rispetto alle laboriose formiche. Debbo questi pensieri al caro Weissbach che coi suoi pensierini e i suoi amici linkati, è riuscito a rendermi indigesta la colazione.
Comunque, a fine agosto mi comprerò una piccola Stihl.