Vado via:
con l’acqua dei berignoli;
coi rigagnoli di pioggia
che scendono dalla Pace
alla Buca di piazza Tanucci.
Volo via,
con i balestrucci,
dalla Falterona alla torre
che pende in piazza dei Miracoli,
nel verdazzurro della foce.
Soffio via,
con la voce del grecale
mattutino che spira adagio
tra le fronde e i merli
del Palagio Fiorentino.
Scorro via,
lungo l’Arno non più colorato
dai colori della Tintoria
del Lanificio che tesseva
metri e metri di cardato.
Vado via.
Anzi no. Non vado: sto
dove lo stare è un congiuntivo,
nel luogo dove tutto è ironia
compresa quella di sentirsi vivo.
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Nei Canti Orfici, Dino Campana - nel suo diario di viaggio verso la Verna - passa per Stia (20 settembre).
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