«Immaginiamo per un istante che il linguaggio di uno sia intercambiabile con quello di un altro, che sia possibile riprodurre il senso di un'immagine con quello delle parole o dei suoni, o convertire la verità delle parole attraverso delle descrizioni pittoriche. Tutte le odi di Pindaro, incorniciate e ricamate, non riescono a riprodurre il ritratto dell'Eroe della palestra uscito dal pennello di Apelle. Il Pandemonium di Milton o l'Inferno di Dante non potranno mai supplire la visione del Giudizio universale di Michelangelo o di Signorelli. Non più di quanto non si possa afferrare la Pastorale di Beethoven attraverso la lettura di poemi idilliaci, con l'aggiunta di descrizioni di campi e di foreste, di torrenti e corsi d'acqua, dello studio dei suoni ornitologici e delle leggi armoniche. Nessun libro sulla giurisprudenza, nessuna tavola di costumi riusciranno mai a ricostruire la Scuola di Atene di Raffaello. O chi conosce un libro o un'immagine attraverso i suoi critici, qualunque sia la sua esperienza, non farà esperienza dell'arte in se stessa. La verità, la realtà di ogni opera, è trattenuta nei suoi confini e deve essere percepita secondo i mezzi che sono per essa generici»
Mark Rothko, L'artista e la sua realtà, “Arte, realtà, sensualità”, Skira, Milano 2007
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