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martedì 2 luglio 2019

Più bella e più superba che pria


«La concorrenza fiscale genera esternalità negative che costano a livello globale 500 miliardi di dollari l'anno, con un danno stimato per l'Italia tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l'anno. Una concorrenza fiscale di cui, di fatti, beneficiano le più astute multinazionali pone le imprese italiane, soprattutto quelle piccole e medie, ma anche le grandi società la cui proprietà mantiene comportamenti fiscali lodevolmente etici nei confronti dei nostro Paese, in una situazione di grave disagio competitivo. [Per cui] è indispensabile, dunque, ritrovare un approccio strategico comune a livello europeo per porre fine alle distorsioni del mercato attualmente esistenti, assicurando che l'imposta sia versata nel luogo in cui gli utili ed il valore sono generati»

Oltre al dumping fiscale, secondo Rustichelli occorre correggere

«anche le pratiche di dumping sociale e contributivo che, favorite dalle delocalizzazioni, si sostanziano nello sfruttamento delle minori tutele previste per i lavoratori nei paesi dell'Est. [Pratiche che] appaiono ancora più inaccettabili quando incoraggiate attraverso l'utilizzo di risorse pubbliche che, anziché essere rivolte a promuovere lo sviluppo dei territori, vengono strumentalmente impiegate in danno di altri Paesi; ovvero quando la decisione di un'impresa di trasferire altrove la produzione venga assunta dopo aver ricevuto aiuti pubblici per effettuare investimenti produttivi».

- Sicuramente, la Relazione Rustichelli sarà il primo dei dossier che saranno posti all'ordine del giorno dall'appena insediato Europarlamento e della prossima Commissione europea. Sono certo che i leader europei saranno capaci di trovare un accordo che impedisca il dumping fiscale e, quindi, la malsana competizione tra Stati membri. Sono convinto che, in un breve lasso di tempo, queste storture saranno raddrizzate e che il Riformismo (con la erre maiuscola) riuscirà a riformare il sistema e saranno ritrovate coesione e comunità d'intenti che daranno nuovo slancio all'Unione europea che ritornerà più bella e più superba che pria.

- Bravo.

- Grazie.

domenica 26 marzo 2017

Il caveau vaticano

«Il popolo, quando si abitua dir che sei bravo, pure che non fai niente, sei sempre bravo»
Ettore Petrolini, Nerone

Nella contrapposizione scenica tra i Trattati di Roma e la Visita Pastorale del Papa a Milano, m'è parso di sentire una vocina, dai tratti vagamente populisti - non saprei dire se di destra o di sinistra -, che ha detto, giuppersù : 
«Mentre il Palazzo pensava ai trattati e alle firme, il Papa pensava alle periferie e ai carcerati».
Bravo.
Grazie.

Orbene, molto ingenuamente (quindi senza entrare in disamine storiche economiche e sociali) domandiamoci: perché il potere politico, compreso nelle sue varie declinazioni (nazionali, comunitarie), non riesce ad avere un seguito e un consenso popolari minimamente analoghi a quello di un'autorità religiosa come quella papale?
Proviamo a rispondere con un'altra domanda: i poveri hanno più bisogno del Papa o il Papa dei poveri? Se tutta quella gente delle case popolari milanesi fosse stata invitata a cena al Quirinale, viaggio compreso, con marito del Lussemburgo (o moglie del Lichtenstein) di accompagnamento al seguito, pensate che sarebbe restata comunque ad “abbracciare” il Papa lungo le transenne o si sarebbe accontentata di fargli ciao ciao con la manina dal treno o dall'aereo?

Ma soprattutto: sei i rapporti, le relazioni di riproduzione sociale delle genti superassero la fase storica del capitalismo per accedere a una dimensione altra, inedita, di tempo liberato (e ritrovato), di lavoro non più schiavo del soggetto automatico (il capitale) che cerca soltanto la propria valorizzazione (non certo quella delle umane genti); una dimensione in cui i rapporti di classe scomparissero e le relazioni sociali non fossero più preda della classica dinamica padrone-schiavo, pensate che la società, la gente,  avrebbe ancora bisogno dei guardiani (della politica) e dei sacerdoti (della religione)?