Oramai sono anni che hanno sperimentato con successo le riforme (del “mercato” del lavoro, del sistema pensionistico, dell'alleggerimento fiscale nei confronti del padronato) in tutta Europa; all'Italia (e fors'anche a qualche altra nazione) si richiede un piccolo sforzo riformistico in più, a livello costituzionale, un'aggiustatina, per sciogliere alcuni ingranaggi arrugginiti che impediscono (ritengono le élite europee) il libero movimento del capitale.
La Germania, salita in cattedra sin da subito in forza della sua potenza economica, detta da tempo le linee guida affinché tutti gli altri paesi si adeguino, per quanto possono, al movimento di valorizzazione del capitale dominante che in Europa (e non solo in Europa) è quello tedesco.
Lungi da me qui cadere nelle trappole dello sciovinismo e del risentimento antiteutonico. Tuttavia è un dato appurato che, dalla nascita dell'Unione economica, in particolar modo, dal momento dell'introduzione dell'Euro, per tentare (inutilmente) di tenere il passo della locomotiva tedesca, siano stati compiuti sforzi “riformistici” che hanno portato al collasso economico e sociale le nazioni europee più “deboli”, Italia compresa.
Da comprendere, a mio avviso, è che la forza e l'astuzia tedesche non sono un modello edificante, da seguire, perché si fondano, giocoforza, sulla debolezza e sull'ingenuità degli altri paesi europei che subiscono - ripeto: sin dall'introduzione dell'Euro, l'aggressione capitalistica tedesca, vale a dire il completo sbilanciamento a favore delle esportazioni tedesche sulla bilancia delle partite correnti.
Questo piccolo riassuntino è redatto a margine dell'endorsement della Merkel a favore delle riforme costituzionali promosse dal governo.
Ma più che altro è una scusa per segnalare un saggio assai interessante di Tomasz Konicz, Ascesa e caduta dell'Europa tedesca, Unrast Verlag 2015, edizione italiana Stampa Alternativa, Viterbo 2016, dal quale estraggo:
«Qui deve essere delucidata un'ovvietà logico-matematica ostinatamente ignorata nel dibattito tedesco sulla crisi. Ad essere problematiche naturalmente non sono le esportazioni complessive, ma proprio le eccedenze di esportazioni. I successi tedeschi nelle esportazioni sono possibili solo per l'indebitamento dei paesi target di quest'offensiva di esportazioni tedesca. Un'eccedenza della bilancia delle partite correnti della Repubblica Federale di 429,5 miliardi di euro rispetto alla periferia meridionale dell'eurozona significa anche che essa equivale a una montagna di debiti di eguale entità nei paesi interessati. Questo dice la matematica. Sul piano globale si tratta infatti puramente di un gioco a somma zero: se in tutto il mondo vengono calcolate tutte le eccedenze di esportazioni e deficit commerciali, il risultato è zero euro. Una singola economia può dunque realizzare eccedenze di esportazioni solo se altri paesi sono in deficit. Di conseguenza vale sempre il discorso: l'industria di esportazione tedesca può avere un simile successo solo perché i paesi target di queste esportazioni tedesche si indebitano».
E se paesi come l'Italia, la Grecia, la Spagna e il Portogallo si indebitano?
Vanno fatte d'urgenza le riforme. Strutturali ça va sans dire.
3 commenti:
Caro Luca,
in margine al testo da te pubblicato, mi è venuta in mente questa generalizzazione : ma non è che quello raccontato ,altro non è che una nuova forma di neocolonialismo,(altra forma di imperialismo).
Se questo fosse vero ,allora non ci resterebbe che concludere che si chiamano con nomi nuovi e tecniche diverse cose già viste e straviste.
A questo punto sorge spontanea una domanda : ma perché non si chiamano con il loro vero nome e soprattutto non si storicizzano ?
Altra domanda infine : ma ai tempi della sottoscrizioni di tali patti, non erano prevedibili gli effetti che si riscontrano oggi ?
caino
nb -per i cultori dei distinguo e i contraffattoti delle cose semplici, "casta intellettuale" ,andate in quel posto indicato dal post precedente dall'autore.
Caro Caino, chiamare le cose col loro nome mette troppa agitazione...
Riguardo alla seconda domanda: se ho imparato qualcosa in questi anni dal lato del materialismo storico lo debbo in primo luogo alla mediazione di Olympe de Gouges. Nel merito della tua domanda, per un exurcus storico sui particolari della nascita dell'euro, rimando alla lettura del libro che ho citato dal quale ho appreso (in ritardo: colpa mia) che la moneta unica fu voluta fortemente da Mitterand come contrappasso alla riunificazione tedesca, perché il presidente francese pensava che la moneta bastasse a tenere a freno la potenza tedesca. La Germania accettò ma ponendo a sua volta la condizione dei parametri di Maastrich. Questo è solo un accenno, è chiaro.
Lo dicevo io che mortadella e wurstel non possono essere la stessa cosa.....Mitterrand è stato l'ultimo grande président de le république française, aveva capito tutto. La Germania può fare così perché i gonzi di cui sopra si sono svenati per non farle fare bancarotta per pagare salatamente la caduta del muro di Berlino e il conseguente accollamento dei debiti vertiginosi dell'ex DDR, a Berlino si vedono ancora i risultati, le zone chic rimesse a nuovo per i vips e cazzari milionari sono piccoli e costosissimi gioielli architettonici, ma spostandosi nell'ex settore est, quello colle famose scritte in 4 lingue, ci sono ruderi, case in rovina coperte da grandi teloni coi disegni di progetti di riqualificazione in divenire, ma lontani ancora dall'essere, e tanta gente povera che vive come ai tempi d'oro, si fa per dire, del comunismo, tra le macerie della guerra, la II, roba da non credere, uno shock anche per noi italioti che continueremo a correre invano dietro al treno che scappa coi nostri soldi.
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