Cosa non devo fare
per togliermi di torno
la mia nemica mente:
ostilità perenne
alla felice colpa di esser quel che sono,
il mio felice niente.
Patrizia Cavalli, Vita meravigliosa, Einaudi, Torino 2020
Data la mia magrezza, andare in piscina con il mio fisico, ci vuole fisico; ma per fortuna la piscina dove vado è un luogo in cui, tendenzialmente, ognuno fa i fatti suoi e, poi, non ho dei tatuaggi che calamitano gli sguardi altrui. Le regole attuali non consentono di lasciare alcunché negli spogliatoi (adibiti soltanto per cambiarsi e fare la doccia), sicché, messo il costume, infilo l'accappatoio e mi avvicino alla vasca. Tolgo l'accappatoio prima del getto d'acqua pre-ammollo, lo recupero poi insieme alla borsa, appoggio il tutto in angolo dove possa buttarci un occhio durante la pausa a sponda e, via, giù in acqua, senza tuffi, ché non mi so tuffare, possibilmente in una corsia libera, e via andare, bracciata dopo bracciata, fermandomi a ogni sponda per recuperare un po'.
Considerando che vado in piscina da pochi anni, sono piuttosto soddisfatto del risultato raggiunto, anche se dovrei migliorare lo stare a galla senza la fatica del movimento e potenziare la respirazione. L'acqua clorata mi costringe a portare il tappanaso, per evitare di starnutire un secolo a fine nuotata. Oggi ho fatto trenta vasche in mezz'ora: non sono niente, ma questo niente è molto per me. È il secondo ingresso in piscina dallo scorso settembre, va bene così.
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