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martedì 30 giugno 2015

Leggere la muffa (3)

[qui il 2.]

A Margolina fu diagnostica una grave forma di meningite e, per questo, fu posta in isolamento.
Tutti i familiari e le persone che con lei ebbero dei contatti furono invitate a effettuare quanto prima la profilassi - e così fecero e se ne ritornarono a casa.
Pancrazio, un po' temendo che pure i sorrisi fossero contagiosi, un po' perché voleva accertarsi personalmente delle condizioni di Margolina, si presentò all'ospedale di Pianzero e - dopo aver preso la compressa di antibiotico della profilassi distribuita dall'ambulatorio - si recò al reparto malattie infettive, fortunatamente proprio nell'ora del passo. Entrò, e, senza chiedere niente, ma facendo comunque finta di essere qualcuno che avesse accompagnato qualcun altro a visitare qualcun altro ancora, si mise a osservare minuziosamente i movimenti e le abitudini del personale infermieristico. Dopo un'ora di attenta analisi, capì come accedere allo spogliatoio, e quali indumenti e mascherine indossare per entrare in contatto con i ricoverati.
Poche agili mosse furtive e si ritrovò davanti alla porta della camera dove si trovava Margolina, priva di conoscenza:

«in quella diligentemente entrò, e postolesi a giacere allato, il suo viso a quello della donna accostò, e più volte con molte lagrime piagnendo il baciò. Ma, sì come noi veggiamo l'appetito degli uomini a niun termine star contento, ma sempre più avanti desiderare, e spezialmente quello degli amanti, avendo costui seco diliberato di più non starvi, disse: 
- Deh! perché non le tocco io, poi che io son qui, un poco il petto? Io non la debbo mai più toccare, né mai più la toccai.
Vinto adunque da questo appetito, le mise la mano in seno, e per alquanto spazio tenutalavi, gli parve sentire alcuna cosa battere il cuore a costei. Il quale, poi che ogni paura ebbe cacciata da sé, con più sentimento cercando, trovò costei per certo non esser morta, quantunque poca e debole estimasse la vita». Decameron, Novella Quarta, Decima Giornata.

[continua forse]

giovedì 9 aprile 2015

Gli inetti

“Fantasima, fantasima che di notte vai, a coda ritta ci venisti, a coda ritta te n’andrai: va nell’orto, a piè del pesco grosso troverai unto bisunto e cento cacherelli della gallina mia: pon bocca al fiasco e vatti via». Giovanni Boccaccio, Decameron, Settima Giornata, Novella Prima.

Uno spettro si aggira per l'Europa, ma non preoccupatevi: non è il comunismo, né tantomeno uno spettro, bensì sono tanti piccoli fantasmini che quel filantropo di George Soros ha avuto la brillante idea di riunire in una sorta di ‘pensatoio’ fondando, a New York, l'Institue for New Economic Thinking. INET. Nomen omen. 
Fantasmini formaggini che si spalmano sui panini. Alcuni dei quali, i più prestigiosi, col fondatore-finanziatore in testa, sono giustappunto sbarcati a Parigi per inaugurare la loro sesta conferenza annuale «dedicata proprio al tema delle crescenti disparità che fratturano le società occidentali». (Fubini).

Le cancellerie di mezza Europa hanno allertato le forze di sicurezza per sopire sul nascere eventuali moti di piazza che potrebbero probabilmente scaturire non appena le masse di disoccupati, cassintegrati, esodati, pensionati, emarginati, proletari e classe media impoverita verranno a conoscenza dei risultati delle ricerche, degli studi e, altresì, dei progetti rivoluzionari dei ‘nuovi’ economisti INET. 

Come infatti restare indifferenti ascoltando le vibranti parole pronunciate da un famoso fantasmino americano (già insignito del premio Nobel)? 
«I Paesi che oggi hanno imitato le istituzioni USA stanno avendo un aumento delle disuguaglianze come gli USA. E in questo si dice che l’aumento delle differenze è come l’erba che cresce, non lo puoi notare a occhio nudo. Ma negli ultimi anni nel mio Paese è stato cataclismico. Non è questione di capitalismo [*], il problema sono le istituzioni politiche che gestiscono il capitalismo e come esse favoriscono le rendite di chi ha i patrimoni. Negli ultimi 25 anni il reddito mediano in America è sceso in termini reali benché la produttività sia raddoppiata.»
Si vocifera che due bancari, tre impiegati postali, un apprendista muratore, un commesso librario, un informatore sanitario e un portiere d'albergo si siano già dati alla macchia. In tutti i loro zaini è presente il Capitale nel XXI secolo, molto più pratico e operativo dei voluminosi Mega Foxy.

[*] Corsivo mio.

martedì 17 marzo 2015

Lupi affamati

C'è tanta indignazione nel Paese, lo testimoniano le reazioni all'ultimo (pres'unto) scandalo. Ho udito persino padri chiedersi come spiegare ai figli la corruzione che divora la carne dello Stato.

Nella Terza novella della Quinta giornata del Decameron si legge:
«Pietro, stando sopra la quercia quanto più doloroso esser potea, vide in sul primo sonno venir ben venti lupi, li quali tutti, come il ronzin videro, gli furon dintorno. Il ronzino sentendogli, tirata la testa, ruppe le cavezzine e cominciò a volersi fuggire; ma essendo intorniato e non potendo, gran pezza co’ denti e co’ calci si difese; alla fine da loro atterrato e strozzato fu e subitamente sventrato, e tutti pascendosi, senza altro lasciarvi che l’ossa, il divorarono e andar via. Di che Pietro, al qual pareva del ronzino avere una compagnia e un sostegno delle sue fatiche, forte sbigottì e imaginossi di non dover mai di quella selva potere uscire.»
Parafrasando: Pietro è il cittadino indignato; il ronzino è l'Italia; e i lupi sono i Lupi (che incalza-no).

martedì 6 maggio 2014

Riguardare alla maniere del papa

«Il giudeo montò a cavallo e, come più tosto potè, se n’andò in corte di Roma, là dove pervenuto dà suoi giudei fu onorevolmente ricevuto. E quivi dimorando, senza dire ad alcuno per che andato vi fosse, cautamente cominciò a riguardare alle maniere del papa e de’ cardinali e degli altri prelati e di tutti i cortigiani; e tra che egli s’accorse, sì come uomo che molto avveduto era, e che egli ancora da alcuno fu informato, egli trovò dal maggiore infino al minore generalmente tutti disonestissimamente peccare in lussuria, e non solo nella naturale, ma ancora nella soddomitica, senza freno alcuno di rimordimento o di vergogna, in tanto che la potenzia delle meretrici e de’ garzoni in impetrare qualunque gran cosa non v’era di picciol potere. Oltre a questo, universalmente gulosi, bevitori, ebriachi e più al ventre serventi a guisa d’animali bruti, appresso alla lussuria, che ad altro, gli conobbe apertamente.
E più avanti guardando, in tanto tutti avari e cupidi di denari gli vide, che parimente l’uman sangue, anzi il cristiano, e le divine cose, chenti che elle si fossero, o a’ sacrifici o a’ benefici appartenenti, a denari e vendevano e comperavano, maggior mercatantia faccendone e più sensali avendone che a Parigi di drappi o di alcun’altra cosa non erano, avendo alla manifesta simonia " procureria " posto nome, e alla gulosità "sustentazioni ", quasi Iddio, lasciamo stare il significato de’ vocaboli, ma la ’ntenzione de’ pessimi animi non conoscesse, e a guisa degli uomini a’ nomi delle cose si debba lasciare ingannare. »
Giovanni Boccaccio, Decameron, Prima giornata, Novella seconda.

Oggi sono stato a Certaldo. Bello. Bella gente, pure. E che belle donne, tra le quali m'è sembrato di scorgere anche Pampinea.
E poi vedere la statua di Boccaccio indicare (in falsa prospettiva) la faccia di papa Francesco affissa alla facciata della Chiesa, mi ha fatto un certo effetto.
Oggi, i modi, gli usi e i costumi «del papa e de’ cardinali e degli altri prelati e di tutti i cortigiani» sono senza dubbio più probi e riguardosi. E tuttavia, a parte la facciata, la Chiesa è davvero diversa da quella descritta da Abraam Giudeo?