martedì 3 novembre 2020

Aspettami ogni sera


Negli anni che sono andati via perduti come sperma nella pioggia (le lacrime sono troppo fantascientifiche), dalla maturità alla fine dell'università, novembre è stato per me il più bello dei mesi. Il mese in cui l'autunno diventa maturo e i colori del paesaggio rendono luminoso anche il fitto della nebbia - d'accordo, ma all'epoca ci facevo meno caso alle foglie degli alberi e di più, invece, godevo del grigio sotto i portici del perimetro nord di una piazza che conducevano, lenti e maestosi, alle scale consumate di pietra serena della biblioteca comunale.
E stavo quasi in disparte, ma non troppo, a leggere e occhiare, a pensare molto, a concludere poco, a non preoccuparmi di cosa fare da mangiare o di ascoltare le ragioni dell'intestino. Non rimpiango quei giorni in cui finiva qualcosa (la prima repubblica) e non iniziava niente (Berlusconi, Prodi), quei giorni in cui eravamo tutti orfani di storia perché era morta, dicevano, e si pensava che gli Adelphi fossero il non plus ultra della cultura italiana e morta lì l'editoria, il pensiero facente e il desiderio di rivoluzione.

E poi, a poco a poco, il corpo e la storia ritornano sugli scudi. Ma noi, cioè io, siamo più deboli e più adatti a fare i terzini maldestri di una difesa che fa acqua da tutte le parti. Novembre non mi piace più, o meglio: mi piace se passa in fretta e non si attarda ad annebbiare pensieri e regala qualche sprazzo di sole per togliere umidità all'anima che, presto, prenderà la muffa e, soprattutto, alle castagne (marroni) che avevo messo ammollo per una decina di giorni per cercare di conservarli qualche settimana in più.

1 commento:

Anonimo ha detto...

novembre l'ho sempre odiato.... pioveva sempre e tornavo zuppo a casa col motorino