cara Perturbazione Atlantica,
manchi.
È tanto, troppo tempo che non ti manifesti
per dissetare e intenerire il suolo.
Pure la mente e il cuore, impolverati,
patiscono la tua lontananza.
Oh, cara, perché presto non torni,
veloce veloce, volando sopra le Azzorre
e passando attraverso il Golfo di Biscaglia
per infine raggiungere questa parte d'Italia che
non ha più lacrime da piangere per
fingere la pioggia? Lo so che sei adirata:
troppe volte ci siamo lamentati della tua presenza
perché ci sembrava che, con te presente,
le nostre vite fossero più esposte alla noia
e alla malinconia; peggio ancora, e stoltamente,
ti abbiamo sempre affibbiato l'etichetta di maltempo...
Maltempo? Questo cocente, monotono azzurro lo è.
Queste nuvole che, di tanto in tanto, sopravvengono
e ci regalano soltanto ombre cinesi
o ciottoli di ghiaccio sulle nostre teste
frastornate dall'assenza e dalla cultura
sono il coito interrotto del nostro desiderio
di pioggia.
Cara Perturbazione Atlantica
torna dunque a confortarci
a darci il senso di un'epoca diversa
che non si trasmuta totalmente in un deserto
di finzione e acqua dissalata
dal male di vivere.
Non farci diventare come arringhe appese
nei negozi dei vecchi pizzicagnoli
che hanno tutti chiuso bottega
per far spazio ai negozi dissoluti
che non hanno un padrone
con il quale discutere che l'Italia
non è più un repubblica fondata
sul lavoro. Arriva presto nei nostri cieli,
copri le scie chimiche di aerei
carichi di armi e vibratori per
i nazisti e le prefiche d'Ucraina.
Ti aspettiamo qui all'ombra di un castagno
nascosti come le spore dei porcini
per spuntare e profumare di bosco
una volta ancora.
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