venerdì 13 febbraio 2009

La libertà della vita del corpo

«Preservare la vita del corpo significa anche proteggerne la libertà da arbitrarie violazioni. Il corpo umano non può mai diventare una cosa né cadere sotto il potere illimitato di un altro uomo che lo usi esclusivamente come mezzo per i propri fini. Il corpo umano vivente è l'uomo stesso. Violentarlo, sfruttarlo, torturarlo, privarlo arbitrariamente della libertà sono gravi violazioni del diritto conferito all'uomo all'atto della creazione e comportano presto o tardi, come tutti gli attentati contro la vita naturale, la conseguente punizione. [Quale?]
Violentare significa esercitare un'illecita prepotenza per usare il corpo altrui ai propri fini, specialmente in campo sessuale. Vi si oppone il diritto dell'essere umano di concedere o di rifiutare liberamente il proprio corpo e in particolare la propria sessualità. [...]
Parliamo di sfruttamento del corpo umano quando le forze fisiche di un uomo diventano proprietà assoluta di un altro uomo o di una istituzione: questo stato di cose non è altro che schiavitù. Ma con questo termine non intendiamo soltanto il ben noto sistema in auge nel mondo antico. Esistono determinate forme storiche di schiavitù in cui la libertà essenziale dell'uomo è meglio protetta che non in certi sistemi sociali che mettono severamente al bando il concetto di schiavitù ma in realtà riducono al rango di schiavi coloro a cui danno il nome di uomini liberi. [...] V'è schiavitù tutte le volte in cui l'uomo diventa veramente un oggetto in balìa di un'altra persona, ed è ridotto a mero strumento degli scopi altrui.»

Dietrich Bonhoeffer, Etica (cap. IV. Le cose ultime e penultime), Bompiani, Milano 1969, pagg. 153-154.

P.S.
Invito a leggere l'interessante pacca sulla spalla alla gerarchia vaticana che Vito Mancuso ha dato con l'articolo L'etica di fronte alla vita vegetale, pubblicato da Repubblica di oggi.

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