lunedì 2 febbraio 2009

Candelora



«Unis par leurs équations et leur outillage, les peuples demeurent désunis par leurs goûts et leurs prières. Leur façons de calculer et de fabriquer des machines - science et techniques - les rendent interchangeables, les sons qui sortent de leur bouche et leurs rêves - langue e piété - les rendent non compatibles.»


Régis Debray, Le Feu Sacré. Fonctions du religieux, Fayard, pag. 164

Come dire: la Téchne unisce là dove la religione disunisce. Di più: qualsiasi speranza ecumenica è votata al fallimento. Se mai un giorno i popoli della terra dovessero arrivare veramente a una riconciliazione, non sarà certo in nome di Dio. Quale Dio infatti potrà andare bene per tutti?
Io credo tuttavia che i Vangeli contengano una verità antropologica fondamentale che riguarda l'umano: è lo svelamento definitivo del meccanismo vittimario, la verità della vittima. Ma credo altresì che questa verità non possa dar luogo più a una religione. Essa deve essere liberata da qualsiasi forma di credo e lanciata nell'aria a formare una sorta di nuovo strato di ozono che permetta all'umanità di instaurare una forma di buona reciprocità. E questo pena lo sfacelo, la caduta libera nella mimesi violenta, nel tutti contro tutti.
I veri cristiani dovrebbero per questo rinunciare al proprio Dio, rinunciare veramente a qualsiasi forma di idolo, anche allo stesso Cristo se questo deve diventare una forma di scandalo. Non può più, la Croce, essere brandita dagli uni contro gli altri. La Croce non è un'arma (o è la Vera Arma di Verità?). E il primo a dare l'esempio deve essere il Papa e il Vaticano tutto: rinunciare alla propria identità perché non esiste altra identità che quella umana. Ricordarsi: Gesù era Figlio dell'Uomo.

Perché scrivo questo? Perché sono incazzato con tutto il panegirico papalino che il mio Girard riserva nel suo ultimo Achever Clausewitz a Benedetto XVI. Sono deluso, perché se da un lato posso sorvolare sulla sua fede tenace, dall'altra non posso tollerare queste sue lodi sperticate al discorso di Ratisbona. Per carità, il libro contiene notevoli passaggi rivelativi e, per me, illuminanti. Ma questo finale mi ha deluso. Occorreva che in qualche modo lo dicessi (comunque al mio René voglio sempre bene).

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