Tra le tante, troppe cose che non ho letto, ce n'è una di cui non ero affatto orgoglioso, anzi: me ne vergognavo un po', dato l'ampio consenso della critica, del pubblico, dei media in generale, che, in modo pressoché unanime, ne lodano l'opera e inseguono le vicissitudini quasi eremitiche e oracolari dell'autore, considerato dalla vulgata un genio e i suoi romanzi un must imprescindibile.
Devo ammetterlo: stavo per cedere, quando, improvvisa come una lavata di viso benefica che schiarisce le idee, è arrivata una provvida stroncatura, che mi ha confortato e offerto - per quel che mi riguarda - una valida conferma a un mio pregiudizio, o presentimento, quello di essere in presenza di un guitto.
- Come sarebbe a dire? Non hai letto niente di Houellebecq?
- A parte qualche paragrafo o giro di frase, no.
- E ti basta una recensione a convincerti che è preferibile non leggerlo?
- Sì. Mi basta poco. Mi avvalgo della facoltà insindacabile di evitare di conoscere nel dettaglio tutto ciò che si presenta alla mia attenzione con un ronzio.
- Suvvia, non fare lo schifiltoso. Al limite, leggerlo potrebbe risultare un ottimo fertilizzante.
- Sei più acuto di Nicola Lagioia.
- [con tono faulkerneriano] Al Salone! Al Salone!
5 commenti:
Per quel che vale (cioè niente), di Houellebecq ho letto Le particelle elementari. E lì mi sono fermata.
Luca, te lo dico con affetto: và a Bagg a sunà l'orghen! Davvero stai a basarti su come si parla di un certo autore? Un conto se mi dicessi che l'hai sfogliato ma già le prime due pagine ti han fatto venire l'orticaria, leggere è un fatto personale (pensa te che io non sopporto Borges e mi sta sul cazzo Cortazar, è il bello della letteratura, il gusto ancora maggiore rispetto a bestemmiare ad alta voce nella cappella sistina quando passano i cardinali). Ma che tu scelga di assecondare una tua sensazione solo sulla valutazione che ne fanno altri!
Lo avrai capito, sono di parte: Houllecoso mi piace parecchio, non è Maugham, non è Miller ma è un autore assai più arguto di come tanti detrattori lo dipingano, in particolare ha spesso un buon sesto senso nell'interpretare alcune peculiarità della società odierna prima che risultino chiare a tutti, lo fece in "Estensione del dominio di lotta" e trovo ci sia riuscito anche in quest'ultimo "Serotonina".
Passami il paragone, i suoi detrattori rendono pessimo servizio ai potenziali lettori tanto quanto le schiere degli entusiasti di Bukowski, i quali rischiano di creare un'aspettativa eccessiva che poi delude chi dal vecchio Hank si sarebbe aspettato molta più ricchezza espressiva (adoro pure lui, per inciso. E che pena mi fanno i sedicenti scrittori che come massima espressione creativa si firmano Chinaski: ma quanto fanno tristezza?) :-)
CIao Luca.
roberto
Scusami, a supporto del mio commento precedente (o magari, solo per il piacere di chiacchierare con te anche solo virtualmente) una cosa che ho trovato pertinente:
"Il tuo è chiaramente un romanzo sul disagio di vivere ai nostri giorni. Ci sono feste rumorose e inutili, alcol in quantità da ospedale, vomito, apatia, devastazione esistenziale. Tutte faccende molto reali e realistiche di cui – non mi capacito mai del perché – ma nessuno parla, malgrado la loro cogenza. Ma il punto è: abbiamo davvero bisogno di una narrativa che ci sbatta in faccia ancora ciò che vediamo intorno a noi ogni giorno?
Sì, ne abbiamo bisogno, eccome. La letteratura non è evasione, non deve distrarre, ma al contrario deve svelare, rendere visibile ciò che troppo spesso scordiamo o fingiamo di dimenticare. Mi viene in mente il film Arancia meccanica di Kubrick, quando al protagonista viene impiantato un marchingegno che non gli permette più di chiudere gli occhi obbligandolo a guardare filmati osceni che dovrebbero, in qualche modo, redimerlo. Ecco, la letteratura, quella vera, deve trasformarsi in una serie di spilli incollati sotto gli occhi che ti obbligano a tenere gli occhi spalancati e a guardare quello che non vorresti, per pigrizia o per comodità. Dal canto mio, fatico a trovare libri che parlino della vita vera, quella piatta e monotona di tutti i giorni, quella priva di colpi di scena, priva di amori passionali e travolgenti, priva di intrecci fantasiosi, di omicidi o di inseguimenti in auto. Basta guardarsi attorno. La sfida è raccontare il nulla. O pressappoco."
Tratto da questa interessante intervista:
http://www.pangea.news/la-letteratura-non-e-evasione-non-deve-distrarre-la-sfida-e-raccontare-il-nulla-davide-rosso-autore-di-la-perseveranza-dialoga-con-matteo-fais/
Se mi serviva uno sprone per contraddirmi, beh, grazie Roberto, l'hai trovato. Magari, però, provo prima a leggere Rosso.
;-)
P.S.
Tra i difetti che mi caratterizzano, annovero anche la facoltà di cambiare idea riguardo a certe faccende di "estetiche". In questo frangente avevo bisogno forse che qualcuno pettinasse per il verso giusto certe mie impressioni.
Ogni periodo storico ha i suoi Destouches, ma di Céline ce n'è stato uno solo.
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