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giovedì 9 ottobre 2014

Orientare il cannibalismo

Perché si scrive con l'accento acuto. È con l'accento grave.

«Io non credo che oggi i poveri siano invisibili, anche se a volte si sente dire che non vivono davvero in povertà (ehi, ci sono certi che hanno l’Xbox!). È al contrario: oggi sono i ricchi a essere invisibili [...] Le persone veramente ricche sono così distanti dalla vita del cittadino comune che non vediamo mai quello che hanno. Possiamo accorgerci dei ragazzi del college che guidano macchine di lusso, ma non vediamo i direttori dei fondi di private equity che si spostano in elicottero tra l’ufficio e le loro megaville negli Hamptons, la zona superesclusiva nella punta di Long Island. I vertici della nostra economia sono invisibili perché sono troppo in alto, oltre le nuvolePaul Krugman

Una politica lungimirante, veramente dalla parte del «popolo sovrano» (scritto tra virgolette perché è un portato costituzionale), dovrebbe cercar di contenere e/o indirizzare la violenza dentro i parametri di una fictio iuris che salvaguardi le classi sociali più deboli a discapito dei pezzi di merda che abitano oltre le nuvole.

lunedì 18 marzo 2013

Eppure la Sardegna è più grande di Cipro

fonte Wikipedia

Tramite Paul Krugman, vengo a sapere che i miliardari Russi sono preoccupati della (eventuale) tassazione dei depositi bancari a Cipro.
Per controllare meglio, cerco la notizia su Le Monde, che infatti riporta:

«En Russie, où cette mesure risquerait de toucher durement les fortunes placées sur l'île, le ton monte. Le président Vladimir Poutine a tenu lundi matin une réunion extraordinaire consacrée à la situation financière de Chypre. "Evaluant le projet d'instaurer une taxation supplémentaire sur les dépôts à Chypre, Poutine a déclaré que cette décision, si elle était prise, serait injuste, non professionnelle et dangereuse", a indiqué Dmitri Peskov, le porte-parole du Kremlin.
Même son de cloche du côté du premier ministre, Dmitri Medvedev, qui compare la taxe sur les dépôts bancaires à "une confiscation de fonds étrangers". M. Medvedev a prévenu que la situation pousserait la Russie à "corriger sa position" sur le dossier chypriote.
L'agence Moody's a estimé à 19 milliards de dollars au 1er septembre 2012 les seuls avoirs de sociétés russes placés à Chypre – auxquels s'ajouteraient 12 milliards de dollars d'avoirs de banques russes dans des établissements chypriotes. La presse et les analystes estiment le coût total d'une telle mesure pour les Russes entre 2 et 3 milliards d'euros.»

Domanda da profano: perché le società russe non hanno depositato i loro soldi altrove nella zona euro, per esempio in Italia, quando al governo c'era il miglior amico europeo di Putin, quel tizio che, durante una conferenza stampa col presidente russo, faceva il gesto del mitra per una domanda scomoda di un giornalista?

giovedì 7 giugno 2012

La voglia di punire (la Germania)

Nonostante il Presidente Monti dichiari che «il rigore non si discute» e che «bisogna essere grati alla Germania», da alcuni mesi, ormai, molti autorevoli commentatori economici osservano che la rigidità fiscale che i tedeschi impongono ai paesi della zona Euro stia, di fatto, trascinando nel baratro l'economia europea, mettendo a rischio il progetto lungimirante della moneta unica.

Premesso che, a mio avviso, tali commentatori (cito per tutti Paul Krugman e Mario Seminerio) fanno bene a mostrare che questo tipo politica condurrà al disastro perché deprime l'economia e soffoca la crescita, occorre altresì evitare che tali critiche sfocino in tensioni popolari antitedesche, tensioni che facciano della Germania il capro espiatorio della crisi.

Per evitare questo, per evitare cioè che le destre populistiche europee si avventino sul facile bersaglio della caccia al responsabile, secondo me si potrebbero dare alla Germania dei piccoli buffetti significativi, degli scappellotti, o calci negli stinchi, che la sveglino e la facciano riflettere che, se fallisce il progetto euro, la prima a rimetterci sarà lei stessa.

Per esempio, a tutti coloro che si lamentano che la Merkel è troppo rigida vorrei chiedere: che marca di automobile avete? Quali elettrodomestici? Quali pannelli solari? Quali caldaie? Quali sandali? Quale birra in frigo? eccetera eccetera.

Se d'un tratto la piccola e media impresa italiana, gli industriali, i banchieri, i dirigenti d'azienda, i professionisti, gli artigiani, i calciatori, i tassisti, i politici, il popolo del web, eccetera eccetera, non comprassero più, di qui a dieci anni, automobili tedesche e le comprassero - di contro - italiane, o francesi, o giapponesi, o americane, o indiane, o coreane, o cinesi (mi sembra siano solo questi i paesi produttori automobilistici), vuoi vedere che qualcosa cambia e che i tedeschi si convinceranno da soli? Pensateci quando salirete nelle vostre belle Audi metallizzate coi fari allo zeus che vi fulmina nell'idea (mimetica) che comprare tedesco è bello perché è meglio. È meglio sì: per la Germania e per quegli uomini marketing che hanno saputo insaponarglielo bene ai tedeschi, tipo questo Luca e la sua weltanschauung:


N.B.
Il titolo è preso da un post di Krugman sopra linkato The Urge to Punish. Io ho aggiunto Germany.

sabato 26 maggio 2012

Wake up, Left


Federico Rampini: «Perché anche la sinistra quando va al potere diventa succube dei banchieri? Perché Obama all'inizio del suo primo mandato nominò così tanti consiglieri legati a Wall Street?»

Paul Krugman: «Perché danno la sensazione di sapere. Sono davvero impressionanti quelli di Wall Street: danno a intendere di capirne qualcosa, anche dopo avere distrutto il mondo, o quasi».
La Repubblica, 26 maggio 2012, pag. 49

Finché non vedremo le palle appese ciondoloni, agli alberi della nostra cuccagna, dei vari wallstreettiani che ammorbano il mondo, le speranze di una “ricostruzione” del mondo stesso saranno poche - e la sinistra, porcamiseriacciainfame, se non capisce questo non capirà mai un cazzo. (Stanno a preoccuparsi delle cazzate di Berlusconi, ma tirate lo sciacquone a questa legislatura indecente, aspettate dell'altro, bravi, per vedere come galleggeranno gli stronzi - e poi hai voglia dopo a spingerli giù).

Proviamo a dare retta a Krugman, almeno un paio d'anni, vediamo come funziona la cosa, diomio, peggio di così non potrà accaderci nulla.

(Considerazioni ingenue: il debito pubblico... ma dove vuoi che li mettano i soldi se non nel debito pubblico i mercati? Persino la Goldman Sachs ce li compra i Btp!
Altrimenti, proponiamogli il deserto, la mortificazione, il Mar Caspio della desolazione. Cristo, c'è gente che si compra il debito tedesco o giapponese senza guadagnarci niente e noi ci preoccupiamo di non trovare qualcuno visto che possiamo dargli quasi il 5%? Nostro malgrado, beninteso). 

N.B.
Il video degli Arcadia Fire è suggerito dallo stesso Krugman.

lunedì 12 marzo 2012

Stringi stringi

via
Dice Paul Krugman che un conto è stringersi la cintura individualmente o a livello familiare; e un conto è, invece, farlo a livello nazionale, con un governo che impone sacrifici, stringimenti di cinghia alla popolazione (meglio: a una parte della popolazione). E la differenza consiste nel fatto che
When a family tightens its belt it doesn’t put itself out of a job. When a government tightens its belt in a depressed economy, it puts lots of people out of jobs; and this is a negative even from the government’s own, narrowly fiscal point of view, since a shrinking economy means less revenue.
Ora, io non ho studiato economia alla Bocconi, ma mi sembra che questo ragionamento sia di molto stringente. Stringendo la cintura al popolo, il PIL non aumenta e la crescita diventa un miraggio.
So lose the belt; it’s a really bad metaphor.
Sì, perdere la cintura è una cattiva metafora. Io, più che perderle o stringerle, le cinture le userei per fare lo shibari. Non al popolo, però. Ai rappresentanti del. 

mercoledì 7 marzo 2012

Maschere dell'austerità

James Ensor, Maschere che guardano una tartaruga, 1894
Questo dipinto mi sembra un'ottima metafora dell'attuale situazione storica. I cittadini (le maschere) osservano la classe politica (la tartaruga) procedere speditamente per far uscire l'Europa dalla crisi.
Il giorno in cui i popoli s'accorgeranno che l'austerità, il rigore, l'aumento della tassazione indiretta non serviranno a un cazzo per uscire dalla crisi, cosa faranno, si affideranno alle elezioni, oppure escogiteranno altri modi per esercitare il loro potere, magari anche mangiando la tartaruga?

Si consiglia di leggere (in ordine alfabetico)

That’s a policy disaster, not a moral failure

via
Così, giusto per dire che rendere obbligatorio, costituzionalmente, il pareggio di bilancio, più che essere un fallimento morale, è uno dei peggiori disastri che dei politici “democratici” possono commettere nei confronti della cittadinanza. 
Spero solo che la Corte Costituzionale renda incostituzionale tale legge che, a mio modestissimo avviso, cozza nientemeno che con l'articolo 1.

lunedì 20 febbraio 2012

«You can’t change the world if you don’t believe it’s changeable»

Non a caso, prima, parlavo della morte.
Come si vede dalla copertina, tal libro è stato incartato per essere messo in frigorifero, in attesa di tempi migliori. In fondo, i gradualisti esponenziali hanno questo di bello: vedono che, in prospettiva, un sempre maggior numero di persone potrà vivere una buona vita. Quello che non vedono è l'accrescimento enorme di benessere e ricchezza da parte di chi ricco è già. 
via
Ma possibile che questi futurologi non si chiedano: per ottenere il benessere di un miliardo di persone quanto superbenessere i ricchi devono accumulare? In altri termini: quanto devono ingozzarsi i papponi del mondo affinché cadano dalle loro tavole imbandite briciole sufficienti per tutti?

lunedì 9 gennaio 2012

It remains remarkable to see with how little wisdom the world is governed.

Paul Krugman e Olympe de Gouges, da prospettive diverse, provano a spiegare, appunto con quanta poca saggezza il mondo sia governato.

A parte.
Oggi all'uscita di scuola un bidello [personale Ata] un po' euforico incitava gli alunni a studiare per il bene dell'Italia; poi, in disparte, mi ha detto:  cazzo professore [non sono professore] con l'aumento delle tasse e gli stipendi bloccati come cazzo spera Monti nella crescita? E che ci vuole la laurea per sapere queste cose?». Già, ci vuole la laurea, gli ho risposto. A Bocconi.

sabato 15 ottobre 2011

E ora cosa si fa?

«E ora cosa si fa, fermo restando che permane la situazione di un’effettiva schiavitù sociale in un quadro di ancora relativa e formale libertà politica?»
Niente, caro Olympe, non dobbiamo fare niente. Solo la catastrofe è auto-rivelativa. Fare qualcosa presuppone il sapere cosa fare. Ma sapendo di non sapere esattamente cosa fare - e anche presupponendo di saperlo non avendone il potere per poterlo fare, né la forza di conquistarlo, il potere - non resta che contemplare gli accadimenti, cercando di fare di tutto per non essere complici del sistema. Tu mi dirai: chi non lotta, chi non resiste è, di fatto, complice. Ma vivere è già una lotta, pensare è già resistere, gridare anche, nel vuoto magari, e ridere, questo sì che è possibile fare: ridere perché prima o poi la grande repulsione arriverà, e se le cose si dovranno compiere si compiranno. 

mercoledì 14 settembre 2011

martedì 23 agosto 2011

Al bar Casablanca

Se Marx avrà ragione definitivamente lo sapremo quando ormai non ci sarà più niente da fare, niente da sperare e il capitalismo avrà spolpato lo spolpabile - e dietro la parola capitalismo sappiamo che esistono persone. Io non posso né criticare né promuovere la teoria marxista, dato che di Marx ho letto qualche pagina estratta dai manuali e Il Capitale è lì che mi guarda tutto polveroso. Ma ultimamente, da quanto Olympe va scrivendo e quindi divulgando, mi sembra che Marx abbia azzeccato lo sfacelo al quale il sistema capitalistico conduce la società umana. Tuttavia, è inutile sperare in una specie di rivoluzione del proletariato: lo dico a naso, forte solo del mio pessimismo naturale, e pronto a correggermi se dico una sciocchezza: Marx avrà anche visto giusto riguardo alla distruzione, ma riguardo alla costruzione - ovvero alla società comunista fin qui sperimentata in svariati Paesi del pianeta - ha visto forse peggio. Lo so, gli uomini, che vuoi fare, sono imperfetti di natura, dato che la natura stessa è imperfetta - o forse è talmente tutto così perfetto che non ce ne accorgiamo, dimenticando la lezione di Spinoza.
La finisco, ritorno a terra, in quella natìa e penso ai cazzi nostri. Berlusconi, già. Sapete perché mi è venuto in mente? Perché ho letto questo frammento di Paul Krugman che rivela, casomai ce ne fosse ancora bisogno, la più grande trappola con la quale Berlusconi ha "catturato" gli elettori.

It’s always good to remember that businessmen — even great businessmen — don’t necessarily know much about how to make the macroeconomy work. How can that be? Don’t they know all about creating jobs? No, they don’t. They know all about expanding individual businesses — often, indeed usually, at the expense of other individual businesses. That’s an important and very lucrative skill, but it has very little to with the problem of expanding a whole economy, whose main customer is … itself.*
*Propongo una traduzione basata sul traduttore di Google
«È sempre bene ricordare che gli uomini d'affari - anche grandi uomini d'affari - non necessariamente conoscono molto su come far funzionare la macroeconomia. Come può essere questo? Non sanno tutto sulla creazione di posti di lavoro? No, non lo sanno. Sanno tutto di espansione singole imprese - spesso, infatti, di solito a scapito di altre singole imprese. Questa è una dote importante e molto redditizia, ma ha ben poco a che fare con il problema di espandere un intera economia, il cui principale cliente è ... se stessa»

domenica 21 agosto 2011

Guerre liberali

Stamani, in macelleria, mentre aspettavo il mio turno per comprare un po' di macinato per il ragù della domenica, mi sono messo a leggere l'editoriale del prof. Ernesto Galli Della Loggia, sul Corriere della Sera.
E fin dal primo periodo mi è sembrato che tale editoriale andava letto ad alta voce, in falsetto mussoliniano, oppure cercando d'imitare l'impareggiabile tono oratorio del Nerone petroliniano.

Ci ho provato, e devo dire che ha funzionato a meraviglia. Se avessi meno pudore potrei registrarmi e farvi sentire il risultato. Ma dato che non è cosa difficile, invito anche voi a tale esperimento.
Provate con questi passaggi
nessuno dei propri governanti tiene sotto controllo un bel nulla. [...]
Proprio nel momento peggiore della sua storia postbellica l'Occidente [...] scopre di essere nelle mani di leader privi di temperamento, di coraggio e soprattutto di visione.[...]
L'esercizio del potere si spoglia di qualunque necessità di conoscere, di capire, di progettare, e soprattutto di scegliere e di decidere.[...]
La «democrazia della spesa» [...] è un meccanismo che, oltre a svilire progressivamente la sostanza e l'immagine della politica, contribuisce a selezionare le classi politiche al contrario, non premiando mai i migliori [...]
Ad aggravare gli effetti di questa personalizzazione mediatica dei capi si aggiunge paradossalmente, quasi a fare da contrappeso apparente, la progressiva spersonalizzazione, invece, delle loro decisioni: specie di quelle davvero cruciali. Cioè la virtuale deresponsabilizzazione degli stessi capi. Dal momento, infatti, che i problemi hanno sempre di più un carattere mondiale o a dir poco regionale, che la globalizzazione impone le sue regole irrevocabili, l'ambito nazionale diventa secondario.[...]
Quelle che davvero contano in modo vincolante sono sempre di più le decisioni prese da qualche vertice o da qualche istituzione internazionale, più o meno lontani e indifferenti rispetto all'arena politica domestica. Decisioni che così finiscono per essere figlie di nessuno e un comodo alibi per tutti. Come possono formarsi in questo modo vere élites politiche? Veri, autorevoli, capi politici? 
E adesso viene il bello. A sostegno di quest'ultima tesi, infatti, il prof. Galli Della Loggia porta l'esempio dei governanti italiani "costretti" a essere intruppati in operazioni belliche dalla guerra d'Jugoslavia a quella, attuale, di Libia per non dispiacere le cosiddette istituzioni internazionali.
Ma il tema della guerra richiama a Galli Della Loggia un “pensiero stupendo”, questo:
Già, la guerra; e dunque la politica estera di cui la guerra un tempo rappresentava l'apice. Non è politicamente corretto ciò che sto per dire, lo so. Ma certo è difficile pensare che la virtuale scomparsa dall'esperienza europea di questi due ambiti decisivi di ciò che fino a qualche decennio fa è stata la politica - i due ambiti cruciali in cui fino a ieri i capi politici potevano essere chiamati a dare prova di sé, ad essere preparati a dare prova di sé - non abbia avuto la sua parte nel rendere sempre più scadente la qualità delle classi politiche del Vecchio continente. È solo un caso, mi chiedo, se i tre principali leader di paesi democratici nell'Europa della post-ricostruzione - De Gaulle, la signora Thatcher e Helmut Kohl - abbiano legato tutti e tre il proprio nome a grandi decisioni di politica estera e/o di tipo bellico (l'Algeria e l'armamento atomico, la guerra delle Falkland, l'unificazione tedesca)? Forse no, direi, non è proprio un caso.
Ah, ecco finalmente rivelato l'arcano! Ecco giustificato il tono da Palazzo Venezia dell'eminente professore! Ecco, in una parola, cosa servirebbe all'Italia, all'Europa, al mondo per far ritornare in auge una leadership forte, autorevole, capace di guidare le moltitudini: la guerra, appunto.

Temo però che i megafoni del potere convinceranno pochi cervelli della necessità della stessa. Certo, gli eserciti sono pronti, come sempre. Le armi ci sono, belle perfomanti, e l'industria bellica, in fondo, garantirebbe un buon indotto. La crescita economica riceverebbe il migliore stimolo per vincere la sua cronica stitichezza. Ma manca la cosa indispensabile per far sì che la guerra trovi il suo giusto sfogo: il nemico perfetto. Al momento tutto è calmo sui fronti occidentali e orientali. Ecco perché qualcuno comincia a guardare in alto e a sperare che ci attacchino gli ET. (Sì, ma almeno Krugman scherza, Galli Della Loggia mica tanto).