6.
Lui dice: « Adesso voglio uscire », poi improvvisamente dice « No
», gli è improvvisamente venuto in mente che prima voleva... – Ha
detto « No »; ma lo pensava anche, quel « No »? Non
pensava, appunto. A quell'altra faccenda? Si può dire che ci stava
pensando. Ma per far questo non aveva bisogno di esprimere un
pensiero, né a voce alta né in silenzio. – Certo, più tardi
avrebbe potuto rivestire di una frase la sua intenzione. Nel momento
in cui ha cambiato idea può darsi abbia avuto in mente un'immagine,
oppure non ha detto soltanto « No », ma una qualche
parola, l'equivalente dell'immagine. Se magari prima voleva chiudere
l'armadio, può darsi che abbia detto: « L'armadio! »; se prima
voleva lavarsi le mani, se le sarà magari guardate storcendo la
faccia. « Ma è pensare, questo? ». – Non lo so. Tuttavia in un
caso del genere non si dice forse che la persona ha fatto una
‘riflessione’, ha cambiato ‘idea’?
Ludwig
Wittgenstein, Osservazioni sulla filosofia della psicologia,
Adelphi, Milano 1990 (pag. 322).
Per
quel che mi riguarda, avverto che, durante
molta parte del giorno, ho la
mente occupata da questo genere di pensieri e di riflessioni che
tengono la vita sospesa nell'irresolutezza, nell'attesa
(di che cosa?),
nel dare tempo
al tempo,
nel dire alla mente stessa:
«Aspetta
a pensare a cose serie, traccheggia,
stai sul vago, non piombarmi
dentro l'inquietudine, lasciami
sospeso».
È
chiaro che, con questi imperativi, il pensiero fluttua
nell'indecisione, nel tentennamento: la concentrazione viene meno e i
frutti della mente restano acerbi. Sono un immaturo, infatti. Non che
non sia facile cogliermi. Essendo colto, nevvero. È il raccolto ch'è
scarso (e ignudo). Tipo le
olive della scorsa stagione. Meno
male c'era la Grecia per ungere le ruote d'Europa.
Nessun commento:
Posta un commento