«I critici sono come gli studenti di medicina: pensano sempre che lo scrittore soffre proprio di quella malattia che loro studiano in quel momento. Mentre lo scrittore soffre sempre della stessa malattia, quella di incrociare le parole. Di una lingua nella propria bocca vuol farne due». Milorad Palić, Paesaggio con il tè, Garzanti, Milano 1991
La mia lingua, che vorrebbe farsi scrittura, non riesce a far uscire di bocca parole concernenti l'attuale situazione politica, segnatamente riguardo al modus operandi del governo in carica.
Con Berlusconi al governo, invece, criticare era semplice, indubbiamente, perché la trave che egli rappresentava era così grande che risultava impossibile non parlarne, non vederne i difetti, le irresponsabilità, le magagne, le turpitudini della sua politica da basso impero.
Con Berlusconi al governo mi era facile criticare perché stoltamente credevo che al suo governo esistesse una alternativa, rappresentata da quella compagine variamente chiamata di centrosinistra, la quale ritenevo avesse nelle corde la capacità di governare per il bene e per l'interesse generale del Paese.
Insomma, criticavo con l'alibi di una prospettiva più o meno facile di cambiamento: bastava vincere le elezioni (sì, come no).
Uscito di scena l'ex Cavaliere, i governi che gli sono succeduti mi sono sembrati tante pagliuzze, compreso quel bruscolino fastidioso e querulo di Renzi. E perciò, gradualmente, le parole al riguardo sono andate rarefacendosi.
Poi è arrivato il presente governo di Brutti, Sporchi e Cattivi e con esso sto rischiando quasi l'afonia. Perché? Perché non mi sembrano brutti, sporchi e cattivi? No, anzi: lo sono in pieno. Il problema è un altro: è che la critica a questa bruttezza, sporcizia e cattiveria mi riesce solo monca, giacché priva di una concreta alternativa, a portata di elezioni, da offrire come esempio per smarcarsi dall'attuale squallore. Detto altrimenti: se lo schieramento populista è la diretta conseguenza dei fallimenti politici che i precedenti governi hanno dimostrato dinnanzi alla crisi sociale ed economica che perdura da decenni, quale tipo di critica posso esercitare che escluda ogni complicità con le attuali opposizioni?
Inutile m'incazzi a dire quanto sia bestia Salvini, se poi al massimo posso aspirare al ritorno di un Alfano o di un Minniti.
Ho delle vaghe idee sul superamento del capitalismo, ma sono appunto vaghe, non fanno massa critica, non stimolano la sopita coscienza di classe.
Credo che, in linea di massima, siamo ancora piuttosto "drogati" dal consumismo e dal feticismo delle merci (contenuto soltanto dai limiti dei nostri salari).
Una diversa idea di società - anche solo dire, come fu detto pochi lustri or sono: un altro mondo è possibile non è più contemplato da alcun movimento politico o partito.
Anche le anime belle e coraggiose che generosamente si mobilitano contro le turpitudini governative sono poco attrattive: quella che vedo è un'opposizione individualistica, che rende difficilmente partecipi.
Insomma: ecco le ragioni della mia fiocaggine. Riesco a dire soltanto: leggete (leggiamo) Marx, perlomeno per sapere di che morte morire.
E pensare che, ora come ora, mi sarebbe sufficiente un Pepe Mujica tal quale, italiano, qui.
4 commenti:
...è che un altro mondo non è possibile.
caro luca,
per sapere di che morte morire anche il libro tibetano dei morti che dice che ogni volta che ci addormentiamo si verifica lo stesso processo che accade durante la morte ma in maniera molto piu veloce. Senza andare a scomodare Marx, e' di un vero " risveglio" che abbiamo tutti bisogno.
Un caro saluto
cara Silvana,
benvenuta e grazie del commento.
Risvegliarsi, già. Il guaio è che così difficile in questi tempi crespuscolari...
Ti saluto caramente anch'io.
Fantastico. Grazie. Muzio
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