Quando siamo abbastanza distanti da una disgrazia e/o una tragedia, fatto un pensiero veloce di immedesimazione per le povere vittime che hanno avuto la sfortuna di incombervi, il pensiero dominante si indirizza alla ricerca dei responsabili. Perché è successo? Chi è stato? Di chi è la colpa?
Scartati, per ovvie ragioni, Dio e la Natura, i colpevoli non possono che essere esseri umani.
Cosicché, una volta che il meccanismo vittimario si è messo in moto - e prima che sia incanalato dentro l'alveo dei procedimenti giudiziari (indagini preliminari, avvisi di garanzia, rinvio a giudizio, processo di primo e secondo grado, cassazione) - si indossano facilmente i panni del giudice che sa sin da subito chi condannare e come; e ciò a seconda dell'educazione, la cultura, l'estrazione sociale che informano la nostra coscienza.
Ebbene, per quanto riguarda il disastro del viadotto crollato a Genova, la mia coscienza vittimaria si è immediatamente indirizzata verso Atlantia, società che ha in concessione e gestisce Autostrade per l'Italia (sei in un Paese meraviglioso). Subito, infatti, ho pensato che i principali responsabili dell'accaduto siano i proprietari di tale società (in seconda battuta ho pensato come colpevoli anche i politici che hanno favorito la privatizzazione e concessione di un siffatto bene pubblico). E ho pensato: fosse mio potere, a tali figuri gli esproprierei anche il pelo pubico (ammesso e non concesso che non si depilino).
Questo a botta calda.
Questo a botta calda.
Successivamente, ho visto che anche il governo in carica ha avuto, più o meno, la mia stessa idea e sia intenzionato “fargliela pagare”; perciò hanno pensato alla revoca della concessione (per una volta che sono d'accordo con il governo non vuol dire che sia filogovernativo: ricordatevi della metafora dell'orologio fermo).
Gli azionisti di Atlantia, sentendo il fiato dell'opinione pubblica sul collo (è il collo giusto, andate tranquilli), parlano di risarcimenti, ricostruzioni, ma anche - nel caso il governo faccia sul serio - pretendono far valere le clausole rescissorie. D'altronde, viviamo in uno stato di diritto, dove il diritto delle maschere del capitale è particolarmente tutelato. Dunque, non hanno bisogno di tenere le pale degli elicotteri accese: risparmino pure i soldi del carburante per la fuga.
Ecco perché, da un disastro come questo, spero non tanto avvenga una vittimizzazione classica (si trova un Benetton da crocifiggere e morta lì la faccenda), quanto una presa di coscienza generale sul fatto che questi tragici avvenimenti sono il frutto (maturo) della logica capitalistica e fino a che punto lo Stato sia schiavo di questa logica: dal concedere un bene pubblico all'interesse privato è naturale consegua una privatizzazione dei profitti e una socializzazione delle perdite e senza neanche la soddisfazione di tosare i Benetton come povere pecore sacrificali (sai che maglioni).
Certo, non mi aspetto che questa sensibilizzazione passi attraverso l'opera di un governo piuttosto pietoso. Ma le vie del signore sono infinite (anche se non ancora asfaltate, come disse, mi pare Gervaso), quindi avanti Toninelli, dacci qualche soddisfazion.
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