Sono salvo, sono solo, sono uno specchietto per le allodole, fischietto, mai nessun mi dividerà, ma capisco che sono già diviso, non so ancora definire in quanti pezzi, facciamo tre. Il primo: un pugile al tappeto che, mentre l'arbitro conta, sente solo gli ultimi numeri sgranati, come le avemarie del rosario; meno male, dopo tre mesi, suona il gong; era solo la fine del primo round. Il secondo: un principe che, insonne, canta nella notte all'alba vincerò; quale alba? «C'è una fava che aspetta solo te». Il terzo e ultimo (non il terzultimo) un uomo in gamba, che cammina due minuti e due minuti corre, alternativamente, da buon podista walseriano, perdigiorno e poeta a tempo perso (altrimenti non sarebbe un perdigiorno).
Ecco qua i tre pezzi che da alcune settimane mi compongono. Non è facile farli andare d'accordo, ma quando accade tutto fila liscio, digerisco meglio, dormo tra due guanciali, e mi alzo con un'erezione che, sebbene renda arduo l'orinare, m'invita alla gloria del mattino. Poi penso all'Italia, al Governo, e mi scompongo ancor di più.
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