« La legge dell’accumulazione capitalistica mistificata in legge di natura esprime dunque in realtà solo il fatto che la sua natura esclude ogni diminuzione del grado di sfruttamento del lavoro o ogni aumento del prezzo del lavoro che siano tali da esporre a un serio pericolo la costante riproduzione del rapporto capitalistico e la sua riproduzione su scala sempre più allargata. Non può essere diversamente in un modo di produzione entro il quale l’operaio esiste per i bisogni di valorizzazione di valori esistenti, invece che, viceversa, la ricchezza materiale esista per i bisogni di sviluppo dell’operaio. Come l’uomo è dominato nella religione dall’opera della propria testa, così nella produzione capitalistica egli è dominato dall’opera della propria mano. » Il Capitale, Libro I, Sezione VII, cap. 23, 1.
Pensavo a John Elkann (a Lapo meno), a come passa le domeniche d'agosto, quali pensieri, affanni, divertimenti, ubbie. Andrà bene di corpo? Quali libri legge in questo momento, quali mutande indossa. Un massaggino da un/una professionista se lo concede? E la moglie e i figli e l'Olanda e l'Inghilterra e Detroit? Il padre Alain come sta? E la mamma Margherita tutto bene in Svizzera? Certo chissà quanti grattacapo da quando San Marchionne è stato canonizzato nell'alto dei cieli del capitale variabile. E poi, ultimo ma non ultimo, quei diffidenti dei francesi che hanno fatto obiezione al matrimonio con Renault che non vuole farsi trafiggere come la Lancia (Attila dixit).
Pensavo a John Elkann (a Lapo meno) e non tanto a quanto poco lui pensi a noi - lui ci pensa, a noi, direttamente o indirettamente, giacché noi esistiamo per i bisogni di valorizzazione dei valori esistenti (anche i suoi) - bensì a quanto poco noi pensiamo a lui, a loro, alla legge dell'accumulazione capitalistica mistificata in legge di natura.
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