martedì 10 agosto 2021

Un albero, una fabbrica

Mi eclisso: sotto le fronde di un carpino 
che distende il suo verde 
proprio sopra il mio capo: una formica scende
e cammina dalla spalla alla mano:
la soffio lontano e si perde.

Fisso un appuntamento con nessuno
specialista di anime tormentate, di impotenze
che tendono a dissolversi scegliendo la strada
suggerita dagli alti, gli dèi attuali: 
i vigilanti.

Le ferie e le inferriate: affacciarsi, guardare
se c'è verso, il verso di scappare. No. Persiane
che si chiudono, televisori che si spengono
tastiere che digitano s.o.s. al vento:
per non sbagliare i soccorritori.

***

Dai vetri rotti delle finestre alte di un lanificio
che non esiste più, esce ancora il rumore
dei telai, lo schianto delle spole veloci
che battevano la punta sui battenti
con mia mamma che diceva metti la testa giù.

Io la mettevo e vedevo le gambe delle donne
le calze spesse, alcune rotte, le scarpe impolverate
di lanugine e i piedi stanchi per le ore
della vita che scorreva nel rumore dei telai
nello schianto delle spole che veloci

tessevano metri e metri di tessuto che
non esiste più: esistono i vetri rotti delle finestre
alte di un edificio di mattoni rossi
il tetto crollato e tanti metri di vita
consumata in un rumore che non si sente più.

2 commenti:

Franco Battaglia ha detto...

Mi ricorda Scauri e la vecchia fabbrica di mattoni, in mattoni rossi, ora scheletro e la sua ciminiera spenta, che da piccoli indicava la direzione del vento, col fumo nero ondeggiante nell'aria di mare. Ora traspira solo vecchi ricordi, di una giovinezza perduta, di amici spariti, parenti defunti..il tempo passa e i bimbi di oggi non hanno un filo di fumo che viaggi coi loro sogni, solo un rudere con l'edera tra le crepe.

Luca Massaro ha detto...

grazie Franco, bel ricordo