5. Poiché abbiamo qui davanti a noi una concezione chiara e
chiaramente espressa, ci sarà anche facile scoprire l’errore fon-
damentale che in essa si nasconde. Come è necessario che la
pietra compia un determinato movimento in seguito ad una spin-
ta, cosi dovrebbe essere necessario che l’uomo compia una certa
azione, quando vi è spinto da una qualche causa.
E soltanto perché l’uomo ha coscienza della sua azione,
egli si riterrebbe libero autore dell’azione stessa; trascurerebbe
però di vedere che vi è una causa che lo spinge, a cui egli deve
incondizionatamente assoggettarsi. L’errore di questo ragiona-
mento è presto trovato. Spinoza, e tutti quelli che pensano co-
me lui, dimenticano di notare che l’uomo non ha soltanto co-
scienza della propria azione, ma può aver coscienza anche
delle cause dalle quali è guidato all’azione. Nessuno contesta
che il bambino non è libero nel desiderare il latte, come non è
libero l’ubriaco, quando dice cose di cui più tardi si pentirà.
Entrambi ignorano completamente le cause che sono attive nel-
le profondità del loro organismo e sotto la cui incontrastabile
costrizione essi si trovano. Ma è giustificato mettere in un fa-
scio azioni di tal genere con azioni nelle quali l’uomo non sol-
tanto è cosciente del proprio agire, ma anche delle cause che ve
lo spingono? Sono forse le azioni degli uomini tutte di un unico
genere? L’azione del guerriero sul campo di battaglia, quella
dello studioso nel laboratorio scientifico, e quella dell’uomo
di stato nelle più intricate circostanze diplomatiche, possono
seriamente essere messe allo stesso livello con l’azione del
bambino che cerca il latte? È ben vero che un problema si risol-
ve tanto più facilmente quanto più semplice è il caso di cui si
tratta. Ma è anche vero che già molte volte l’incapacità di di-
scernimento ha portato ad una confusione senza fine. Ed è una
differenza assai profonda quella che corre fra il caso in cui so
perché faccio una cosa e il caso in cui non lo so. A tutta prima
questa sembra essere una verità evidente. Eppure gli opposito-
ri della libertà non si chiedono mai se un motivo della mia
azione, che io riconosca e compenetri, rappresenti per me una
coercizione nello stesso senso in cui per il bambino è coercizio-
ne il processo organico che lo fa gridare per il latte.
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