«Non parlare così forte, qui vicino dormono gli arabi».
Franz Kafka, Sciacalli e arabi, in Il messaggio dell'imperatore, vol. 1, Adelphi, Milano 1981
Siamo abituati alla
presunzione di sapere che sappiamo tutto, che ci basta poco,
un’occhiata – e diventa inutile parlare, inutile discutere.
Stiamo zitti, allora, in un
silenzio non condiviso, a immaginare ognuno non una via d’uscita,
ma la maniera migliore di camminare senza calpestarsi i piedi.
Siamo bravi in questo:
similmente ai ballerini, zampettiamo sulle punte per tenere paralleli
i nostri percorsi, senza ripetere i discorsi, senza prendersi a
morsi.
Ridere è l’unico ponte che
ci permette di comunicare. Le lacrime meno, perché sono dominio
dell’emozione – e l’emozione è qualcosa da tenere dentro le
mutande. Meglio ignudare l’intelligenza, meglio abbracciare la luce
che arriva ai nostri occhi e che ci permette di giudicare senza
emettere sentenze.
La condanna è riservata agli
dèi, ai padri e agli sciocchi che sovente sono rappresentati da
un’unica figura.
Proviamo a dipingerla e poi giocare a freccette.
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