«Forse
la smentita più categorica alla nostra affermazione, che cioè nella
parola si riflettano opinioni orientate in maniera differente può
essere costituita dalla domanda: forse che anche in parole come
“tavolo”, “cavallo”, “albero”, “sole” ecc. si
riflettono e compaiono dei rapporti di classe? Infatti nelle diverse
classi la valutazione di queste parole deve essere identica poiché i
concetti della realtà che esse rappresentano rimangono identici in
tutte le classi: il tavolo è un tavolo e non un cavallo, il cavallo
è un cavallo e non un albero ecc.
A
questa osservazione dobbiamo replicare quando segue. Anzitutto una
parola stralciata singolarmente dal flusso dell’interazione
linguistica non può servire da esempio. Inoltre: nonostante le
parole, riflettendo la realtà oggettiva, riflettano insieme ad essa
anche una visuale socialmente determinata di questa realtà, tuttavia
non si può mettere un segno di completa identità tra il significato
oggettivo, oggettuale della parola ed il punto di vista espresso
nella parola.
Ciascun
uomo nel conoscere la realtà la conosce da un determinato punto di
vista.
Il
problema consiste nel sapere quanto questo suo punto di vista
corrisponda alla realtà oggettiva. Infatti un punto di vista non
rappresenta una conquista personale del soggetto conoscente ma è il
punto di vista della classe alla quale questo soggetto appartiene. Di
conseguenza l’oggettività e la completezza di un punto di vista
(la misura della corrispondenza della parola alla realtà) sono
condizionate dalla posizione sociale. Classi diverse hanno anche
punti di vista diversi: nel linguaggio di ciascuna classe esiste una
particolare misura di corrispondenza della parola alla realtà
oggettiva.»
Valentin
Vološinov (Michail Bachtin), Il linguaggio come pratica sociale,
Dedalo libri, Bari 1980
______________________
Il
mio punto di vista, per conoscere la realtà, mi impedisce di
conoscerla perché la realtà a cui ho accesso è soltanto una menoma
parte della totalità.
Posso,
dal mio punto di vista, mettermi nei panni di un altro punto di
vista?
Mi
è difficile pensare di indossare gli stessi panni di un Lapo o di un
John Elkann.
Più
facile pensare quelli di un operaio bengalese impegnato a lavorare dodici ore al giorno. Anche se io, in realtà,
sto in una via di mezzo tra chi sta nella merda e un pezzo di merda (ho invertito i primi e i secondi per depistare).
Comunque sia, il mio punto di vista mi dice di lasciarlo in sospeso, farlo riposare qualche ora, ché gli si annebbia la vista.
2 commenti:
mmm, non mi convinci.
...un operaio bengalese non direbbe mai "menoma", credo (è anche vero che io stesso di operai bengalesi ne conosco pochinipochini).
Nella società tardo-capitalistica, per chi capitalista o rentier non è, è più facile (e consentito) mettere da parte e spendere parole anziché denaro.
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