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Gli economisti hanno un singolare modo di procedere. Non esistono per
essi che due tipi di istituzioni, quelle dell'arte e quelle della
natura. Le istituzioni del feudalesimo sono istituzioni artificiali,
quelle della borghesia sono istituzioni naturali. E in questo gli
economisti assomigliano ai teologi, i quali pure stabiliscono due
tipi di religioni. Ogni religione che non sia la loro è
un'invenzione degli uomini, mentre la loro è una emanazione di Dio.
Dicendo che i rapporti attuali - i rapporti della produzione borghese
- sono naturali, gli economisti fanno intendere che si tratta di
rapporti entro i quali si crea la ricchezza e si sviluppano le forze
produttive conformemente alle leggi della natura. Per cui questi
stessi rapporti sono leggi naturali indipendenti dall'influenza del
tempo. Sono leggi eterne che debbono sempre reggere la società. Così
c'è stata storia, ma ormai non ce n'è più. C'è stata storia
perché sono esistite istituzioni feudali e perché in queste
istituzioni feudali si trovano rapporti di produzione del tutto
differenti da quelli della società borghese, che gli economisti
vogliono spacciare per naturali e quindi eterni.
Anche
il feudalesimo aveva il suo proletariato: i servi della gleba, in cui
erano racchiusi i germi della borghesia. Anche la produzione feudale
aveva elementi antagonistici; che, se si vuole, possono essere ben
designati come il lato buono e il lato cattivo del
feudalesimo, senza pensare che è quello cosiddetto cattivo che
finisce sempre con l'avere il sopravvento. È il lato cattivo a
produrre il movimento che fa la storia, determinando la lotta. Se
all'epoca del regime feudale gli economisti, entusiasmati dalle virtù
cavalleresche, dalla bella armonia fra i diritti e i doveri, dalla
vita patriarcale delle città, dalle condizioni prospere
dell'industria domestica nelle campagne, dallo sviluppo
dell'industria organizzata in corporazioni, e corpi dei consoli e
maestri d'arte, ecc., infine da tutto ciò che costituisce il lato
buono del feudalesimo, si fossero posti il problema di eliminare
tutto ciò che offusca questo quadro - servitù, privilegi, anarchia
- che sarebbe avvenuto? Sarebbero stati annullati tutti gli elementi
che costituivano la lotta e si sarebbe soffocato in germe lo sviluppo
della borghesia. Insomma, si sarebbe posto l'assurdo problema di
eliminare la storia.
Quando
la borghesia l'ebbe vinta, non vi fu più questione né del lato
buono né di quello cattivo del feudalesimo. Ad essa andarono le
forze produttive che si erano sviluppate per mezzo suo sotto il
regime feudale. Tutte le vecchie forme economiche, le relazioni di
diritto civile loro corrispondenti, lo stato politico che era
l'espressione ufficiale dell'antica società civile, vennero
spezzati.
Così,
per ben giudicare la produzione feudale, è necessario considerarla
come un modo di produzione fondato sull'antagonismo. Bisogna mostrare
come la ricchezza veniva prodotta all'interno di questo antagonismo,
come le forze produttive si sviluppavano di pari passo
all'antagonismo delle classi, come una di queste classi, il lato
cattivo, l'inconveniente della società, andasse sempre crescendo
finché le condizioni materiali della sua emancipazione non furono
pervenute al punto di maturazione. Non è tutto ciò sufficiente per
dire che il modo di produzione, i rapporti in cui si sviluppano le
forze produttive, sono tutt'altro che leggi eterne, ma corrispondono
invece a un grado di sviluppo determinato degli uomini e delle loro
forze produttive, e che un mutamento sopravvenuto nelle forze
produttive degli uomini comporta necessariamente un mutamento nei
loro rapporti di produzione? Poiché innanzi tutto importa non essere
privati dei frutti della civiltà, delle forze produttive acquisite,
è necessario infrangere le forme tradizionali nelle quali quelle
sono state prodotte. Da questo momento, la classe rivoluzionaria
diviene conservatrice.
La
borghesia ha inizio con un proletariato che a sua volta è un resto
del proletariato dei tempi feudali. Nel corso del suo sviluppo
storico, la borghesia svolge necessariamente il suo carattere
antagonistico, che all'inizio si trova ad essere più o meno
dissimulato, non esiste che allo stato latente. A misura che la
borghesia si sviluppa, si sviluppa nel suo seno un nuovo
proletariato, un proletariato moderno; si sviluppa una lotta fra la
classe proletaria e la classe borghese, lotta che, prima di essere
sentita dalle due parti, individuata, valutata, compresa, ammessa e
infine proclamata ad alta voce, non si manifesta, all'inizio, che
attraverso conflitti parziali e momentanei, attraverso episodi di
sovversivismo. D'altra parte, se tutti i membri della moderna
borghesia hanno i medesimi interessi in quanto formano una classe
contrapposta a un'altra, hanno però interessi opposti,
antagonistici, in quanto si trovano gli uni contrapposti agli altri.
Questa opposizione di interessi deriva dalle condizioni economiche
della loro vita borghese. Di giorno in giorno diventa dunque più
chiaro che i rapporti di produzione entro i quali si muove la
borghesia non hanno un carattere unico, semplice, bensì un carattere
duplice; che negli stessi rapporti entro i quali si produce la
ricchezza, si produce altresì la miseria; che entro gli stessi
rapporti nei quali sì ha sviluppo di forze produttive, si sviluppa
anche una forza produttrice di repressione; che questi rapporti
producono la ricchezza
borghese,
ossia la ricchezza della classe borghese, solo a patto di annientare
continuamente la ricchezza di alcuni membri di questa classe, e a
patto di dar vita a un proletariato ognora crescente. »
Karl
Marx, Miseria della filosofia, 1847
O la storia va avanti o si ritorna al feudalesimo. Tertium non datur, se non l'apocalisse.
1 commento:
Bravo.
poi il vecchio di Treviri (non sant'Ambrogio) passa in rassegna le varie scuole degli economisti, arrivando ai filantropi:
La scuola filantropica poi è la scuola umanitaria perfezionata. Essa nega la necessità dell'antagonismo; vuol fare di tutti gli uomini dei borghesi; vuole realizzare la teoria, per quel tanto che essa si distingue dalla pratica e non racchiude antagonismi. È superfluo dire che nella teoria è facile fare astrazione dalle contraddizioni che si incontrano ad ogni istante nella realtà. Questa teoria sarebbe dunque la realtà idealizzata. I filantropi vogliono insomma conservare le categorie che esprimono i rapporti borghesi, senza l'antagonismo che li costituisce e che ne è inseparabile. Essi credono di combattere sul serio la prassi borghese e sono più borghesi degli altri.
scriveva queste cose a 29 anni, nel 1847!
qualcosa del genere ma più breve c'è anche nel Capitale, da qualche parte
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