Quando si nasce, non si sa mai bene dove si va a parare, in quale porta. Sarà per questo che, a volte, mi piace organizzare barriere di pioppi e lecci di una certa età.
Altre volte, invece, mi piace tirare, se posso forte, anche se la mia ambizione è colpire a foglia morta, come certe punizioni battute nel corso della vita.
Se non fossi nato a chi le avrei raccontate queste cose? Al Signor Nessuno? Ma è una supposizione lecita prendere in considerazione quella di non essere nati, dopo che nati lo si è? Sì, perché nel computo generale del tempo, qualsiasi individualità va a puttane, senza soldi, gira al largo, gode niente, fame tanta.
Mille anni fa, per esempio, a parte il fatto che di esseri umani ce n'eran parecchi meno a consumare ossigeno e a produrre escrementi di vario genere, anidride carbonica compresa, oggigiorno ingiustamente trattenuta dentro mascherine usa e getta (respirarsi non è mai stato tanto salubre, ma tant'è), a quei pochi, dei quali molti scolastici, ai quali era dato il tempo e la condizione principe di perdigiorno, ossia quella di riflettere sul senso della vita, prendere in considerazione il non essere nati da nati era cosa piuttosto comune, anche perché supporre l'esistenza o la non esistenza di un esistente o di un non esistente, li teneva occupati nelle notti insonni di tarda primavera.
Va da sé che il vantaggio di una comunicazione non istantanea, bensì meditata, ponderata garantiva loro di scrivere meno cazzate, che sono invece utili, per il sottoscritto, per aiutarlo a tergiversare e non andare dritto alla questione che lo assale e che solo il pudore (o la vergogna?) gli impedisce di esporre a chiare lettere, senza infingimenti e deliberate elusioni.
È il tempo dell'attesa che sfinisce. Attesa di che? Di uno stante, inteso come contrario di movente.
Tutta una questione di participio presente che non può essere rappresentata da uno stato su whatsapp.
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