«Nel mainstream della coscienza sociale (inclusa la cosiddetta scienza) si manifesta il degrado del presupposto fondamentale di ogni teoria, vale a dire la capacità di collocarsi in una prospettiva virtuale esterna o superiore, ossia di “distanziarsi” e di osservare la propria realtà da un punto di vista differente. Ma l'unica prospettiva riconosciuta dallo pseudo-dibattito dominante, che presuppone pur sempre il consenso universale sull' “economia di mercato” e sulla “democrazia”, è una prospettiva capovolta, tutta interna al capitalismo. Ed è questo a rendere il dibattito così deprimente e insulso. Una percezione immanente, deformata e priva di distacco, non potrà mai dar vita a una riflessione teorica. Ciò che appare come riflessione o che si contrabbanda come tale, resta confinata sin dal principio sul livello fenomenologico. D'altro canto questa limitazione si concilia perfettamente con il Credo postmoderno, che nega qualsiasi differenza tra l'essenza e l'apparenza e proclama la fine delle “grandi narrazioni”, ossia la fine di ogni teoria che abbia per oggetto la totalità, che si sforzi di ricostruire un nesso tra l'essenza e l'apparenza mediante la riflessione critica».
Robert Kurz, Il capitale mondo, Meltemi Editore 2022,
traduzione a cura di Samuele Cerea e Massimo Maggini.
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