giovedì 1 maggio 2014

Senza lavoro salariato non vi è né capitale né società borghese

«Part of what we need to be doing is reconstructing the baseline socialist 'common sense' within which 'struggles' become intelligibleRichard Seymour
Prendi per esempio il Partito Socialista Europeo che fiero si presenta alle prossime elezioni europee, e dimmi: è esso capace di ricostruire una base programmatica mediante la quale diventi intelligibile e chiara al proletariato 2.0 la necessità della lotta?

Tutti dentro il sistema siamo, tutti dentro il sistema, come in una bolla sospesa nell'aria: basterebbe un piccolo foro, psssseeee...

Eppure una nazione comunista è diventata la prima economia del mondo su basi capitaliste (una contraddizione in termini), per maggiore gloria del partito di lotta e di governo.

Il persistere dei nazionalismi - perché se penso alla Cina non penso al comunismo ma a un semplice nazionalismo - non è che una maschera della sola lotta di classe da decenni in corso, una lotta di classe all'incontrario, la lotta del capitale contro il lavoro salariato.

Qui (mi) conviene citare ampiamente Marx, dal suo Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850:
«Gli operai avevano fatto insieme con la borghesia la rivoluzione di febbraio; accanto alla borghesia essi cercavano di far valere i loro interessi, allo stesso modo che nel governo provvisorio stesso avevano istallato un operaio accanto alla maggioranza borghese. Organizzazione del lavoro! Ma il lavoro salariato è l'attuale organizzazione borghese del lavoro. Senza di esso non vi è né capitale, né borghesia, né società borghese. Un proprio ministero del lavoro! Ma i ministeri delle finanze, del commercio, dei lavori pubblici, non sono forse i ministeri borghesi del lavoro? Accanto ad essi un ministero proletario del lavoro non poteva non essere che un ministero dell'impotenza, un ministero dei pii desideri, una commissione del Lussemburgo. Come gli operai credevano di emanciparsi accanto alla borghesia, così pensavano di potere compiere, accanto alle altre nazioni borghesi, una rivoluzione proletaria entro le pareti nazionali della Francia. Ma i rapporti di produzione francesi sono condizionati dal commercio estero della Francia, dalla sua posizione sul mercato mondiale e dalle leggi di questo. Come avrebbe potuto la Francia spezzare queste leggi senza una guerra rivoluzionaria sul continente europeo che si ripercuotesse sul despota del mercato mondiale, sull'Inghilterra?
Una classe nella quale si concentrano gli interessi rivoluzionari della società, non appena si è sollevata trova immediatamente nella sua stessa situazione il contenuto e il materiale della propria attività rivoluzionaria: abbattere i nemici, prendere misure imposte dalle necessità stesse della lotta. Le conseguenze delle sue proprie azioni la spingono avanti. Essa non inizia indagini teoriche sui suoi compiti. La classe operaia francese non si trovava a questa altezza: essa era ancora incapace di fare la sua propria rivoluzione.
Lo sviluppo del proletariato industriale è condizionato, in generale, dallo sviluppo della borghesia industriale. È soltanto sotto il dominio della borghesia industriale che il proletariato industriale acquista quella larga esistenza nazionale, la quale rende nazionale la sua rivoluzione, crea i moderni mezzi di produzione, i quali diventano in pari tempo i mezzi della sua emancipazione rivoluzionaria. Solo il dominio della borghesia industriale strappa le radici materiali della società feudale e spiana il terreno, sul quale solamente è possibile una rivoluzione proletaria. L'industria francese è più evoluta e la borghesia francese più rivoluzionaria che quella del resto del continente. Ma la rivoluzione di febbraio non era diretta immediatamente contro l'aristocrazia finanziaria? Questo fatto provava che non era la borghesia industriale che dominava in Francia. La borghesia industriale può dominare soltanto là dove l'industria moderna foggia a propria immagine tutti i rapporti di proprietà, e l'industria può raggiungere questo potere solo quando ha conquistato il mercato mondiale, perché i confini nazionali non bastano al suo sviluppo. Ma l'industria francese in gran parte si assicura lo stesso mercato nazionale solo mediante un sistema produttivo più o meno modificato [16]. Se il proletariato francese, per conseguenza, possiede a Parigi, nel momento di una rivoluzione, un potere di fatto e una influenza che lo spingono ad andare al di là dei suoi propri mezzi, nel resto della Francia è raccolto in singoli centri industriali isolati, e quasi sempre scompare in mezzo a una massa preponderante di contadini e piccoli borghesi. La lotta contro il capitale nella sua forma moderna, sviluppata, nella sua fase culminante, la lotta del salariato industriale contro il borghese industriale, è in Francia un fatto parziale, che dopo le giornate di febbraio tanto meno poteva fornire il contenuto nazionale della rivoluzione, in quanto la lotta contro i metodi secondari di sfruttamento capitalistico, dei contadini contro l'usura ipotecaria, del piccolo borghese contro il grande commerciante, il banchiere e l'industriale, in una parola, contro la bancarotta, era ancora confusa nel sollevamento generale contro l'aristocrazia finanziaria in generale. Nulla di più spiegabile, dunque, che il tentativo da parte del proletariato parigino di difendere il suo interesse accanto a quello borghese, invece di farlo valere come interesse rivoluzionario della società stessa. Nulla di più spiegabile del fatto che il proletariato lasciasse cadere la bandiera rossa davanti a quella tricolore [17]. Gli operai francesi non potevano né muovere un passo avanti, né torcere un capello all'ordine borghese prima che il corso della rivoluzione non avesse sollevato la massa della nazione che sta tra il proletariato e la borghesia, cioè i contadini e la piccola borghesia, contro questo ordine borghese, contro il dominio del capitale, non li avesse costretti ad unirsi ai proletari come a loro avanguardia. Solo attraverso la terribile disfatta di giugno gli operai potevano guadagnarsi questa vittoria.»
In varie parti del mondo si minacciano guerricciole e ci si riscalda al focolare della patria ognuno cantando il proprio inno del cazzo con una mano sul petto e l'altra sui coglioni. 
Quando ai congressi del Partito Democratico si alzano in piedi e cantano l'inno di mameli oh year.

Primo maggio: nessuna fratellanza terrestre in vista; a dividere e dominare ci pensa il capitale.

Primo maggio: o dell'aspersione sindacale.

1 commento:

Massimo ha detto...

Comunismo e classi sociali sono come l'araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.