Ero qui che stavo pensando al successo dell'ultimo libro di Umberto Eco quando mi è giunta una telefonata, una voce strana, in falsetto, come se fosse uscita da una trasmissione televisiva degli anni Sessanta, in bianco e nero, con il bianco del fumo di una sigaretta a illuminare nella mia mente il grigio scuro dell'abito in tweed indossato dal corpo proprietario della voce.
«Buonasera, mi scusi il disturbo, vorrei farle un annuncio con la preghiera di riportarlo ai suoi amici, nel caso fossero interessati a partecipare alle esequie: la letteratura è morta, di morte naturale, col sorriso contento di qualcuno che sa di aver fatto il possibile per vivere e far vivere bene. È morta per sfinimento, per esaurimento delle risorse, ex abundantia cordis e stupore: lo stupore che si continui ancora a scrivere nonostante si sia letteralmente scritto tutto. Tutto sull'uomo, è chiaro. Le ripetizioni, anche quelle di pregio, alla fine l'hanno stufata, le hanno tolto il gusto di vivere, di essere cioè pubblicata, di andare in giro nelle librerie, nelle edicole, nei supermercati. Si consolava ancora coi musei, con le biblioteche, con le bancarelle dell'usato, come si consolano in fondo tutte le opere d'arte nell'epoca della loro riproducibilità tecnica, oasi contro l'esaurimento (nervoso). La letteratura si è altresì lasciata morire perché socialmente irrilevante, individualmente forse ancora no - e sol per questo si dispiace dipartirsene. Ma è necessario. Gli individui interessati si facciano archeologi o topi. E si decidano, non saprei per qual verso, a socializzare, a costruire una rete, a condividere l'eredità della defunta. Che riposi in pace.»
2 commenti:
Io ero in lutto già da un po', devo dire.
Già. Allora prendiamolo come anniversario della morte ;-)
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