Dalle pagine del Sole 24 Ore di oggi, Luca Ricolfi, per illustrare lo stato dell'arte socio economica nostrana, ripropone un'ammuffita schematizzazione coniata, pare, da Alberto Asor Rosa nel 1977, su quante siano le società che in Italia convivono, si contrappongono e si scontrano.
Se una volta si parlava di due società (la società dei lavoratori «difesi e garantiti dal sindacato e dal Partito Comunista» e «il mondo variegato degli esclusi» - privo di rappresentanza organizzata), oggi invece, scrive Ricolfi,
«penso sia venuto il momento di prendere atto che, nell'Italia come è diventata in questi anni, di società non ne convivono due ma tre. C'è la Prima società, o società delle garanzie, fatta di dipendenti pubblici inamovibili e di occupati nelle grandi fabbriche, tutelati dai sindacati e dagli ammortizzatori sociali. C'è la Seconda società, o società del rischio, fatta di partite Iva, artigiani, piccoli imprenditori e loro dipendenti più o meno precari, accomunati dalla esposizione alle turbolenze e ai capricci del mercato. E c'è la Terza società, o società degli esclusi, fatta di lavoratori in nero (spesso immigrati), disoccupati che cercano attivamente un'occupazione, lavoratori scoraggiati che il lavoro non lo cercano solo perché hanno perso la speranza di trovarlo.»
Prendiamo atto che, nella società italiana così ripartita, ci sono gruppi sociali che non ne fanno parte e che quindi, a giusto titolo, si potrebbero considerare a-sociali a tutti gli effetti. E che tipo di società sarebbe? Facile: la società dei padroni, tipo quelli che sono iscritti a Confindustria. Una società hors catégorie, talmente superna da non venir neanche considerata.
Che analisti acuti che abbiamo oggi in Italia: le classi sociali non esistono più, esistono società impermeabili e riottose che litigano, come gatti randagi, la poca trippa rimasta. Naturalmente, i più prepotenti e colpevoli sono quelli che appartengono alla Prima società, i papponi che non fanno un cazzo dalla mattina alla sera e ricevono lo stipendio (tipo io e la tu' moglie, Ricolfi, nevvero? Ah, ma lei forse, essendo altresì un'affermata scrittrice pubblicista, emette fattura e allora si salva?): è chiaro come il sole (durante l'eclissi) che è questa la società che più va colpita e tartassata per risollevare le sorti del paese. Poi c'è la Seconda società fatta di laboriosi imprenditori e dipendenti disposti a sacrificare interi sabati ai loro principali pur di garantire produzione o servizi. Infine c'è la Terza società, la società degli ultimi, dei senza nome, gli scureggiati, i manigoldi, gli avanzi di galera.
Proprio stasera, passeggiando per strada, due conoscenti, marito e moglie, lui rappresentante di accessori per la falegnameria e lei impiegata comunale, si sfanculavano incolpandosi a vicenda su chi fosse il responsabile della crisi economica generale; poi è arrivato il figlio trentenne, disoccupato, e preso da un forte desiderio di restare orfano, gli ha lanciato contro una molotov.
Curiosità: ma uno come Ricolfi, in quale tipo società si può mettere?
«Fatece largo che passamo noi...»
1 commento:
da notare che in queste ripartizioni a bischero, in due o tre classi sociali, manca sempre la classe sociale per eccellenza: quella che non ha bisogno dei sindacati e delle tutele legali, quella che nutre una naturale idiosincrasia per tutto ciò che è pubblico, quella che ha bisogno invece dei disoccupati e non garantiti per tenere bassi i salari e lucrare su queste situazioni. e ha bisogno di fomentare quest'ultimo ceto sociale di sfruttati dell'ultimo gradino per revocare diritti e tutele ai "privilegiati" che se la spassano un gradito più su. di modo da allargare la platea dei non garantiti e dei disoccupati, dei reietti.
ecco dunque a cosa servono gli "intellettuali", a scavare la fossa a chi ancora riesce a barcamenarsi, sono costoro, i garantiti, che sfruttano le situazioni, queste canaglie di pubblici dipendenti e operai a tempo indeterminato (ma passibili di licenziamento, ora).
da quanti decenni va avanti questo gioco? a vantaggio di chi? la classe media è stata distrutta, ma vi sono ancora delle sacche di resistenza che vanno annientate. forza allora, completiamo
il lavoro per il quale siamo pagati.
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