«Dopo il Lunedì dell'Angelo aspetto il martedì della Bestia», ho detto a una infermiera cogli occhi grigio azzurri come l'acqua riflessa nel cielo variabile.
Lei ha sorriso, compiaciuta che quegli occhi bastassero a determinare un'insolita, ma prevedibilissima, impennata ormonale trattenuta dalle circostanze e dall'educazione, nonché dai limiti imposti dal tempo, dal luogo, dallo spazio, e pure dal caso, sai mai di prendere due ceffoni, proprio no, mica voglia, vero.
Così, bastante dello sguardo e del sorriso, ho spremuto gli ultimi raggi di sole improvviso sbucati controvoglia nel freddo della giornata di festa, fino a lì grigia e piovosa. Camminare, pensare al futuro, alle lacrime della Fornero, alle fellatio perdute nel vento. S'invecchia. E i posti saranno sempre meno per diventare vecchi a modo. A volte mi capita d'invidiare i vecchi di ora, quasi cullati nelle tribolazioni e negli smerdamenti. Poi penso pure a Monicelli e a quella improvvisa, forse provvida, non certo ragionata, via di fuga, e temo tanto che la vita si ridotta a quello, al sunto, al brodo terminale.
Agnello, Angelo e Bestia. Il corpo è il tramite di un assillo esistenziale. Che cosa essere per non essere perduti? Il passo dopo passo a cosa porta? A cosa vuoi che porti, perché fai queste domande idiote. Camminare e basta. Mettiti, per quanto sta in te, nella stessa disposizione d'animo, «avventurosa e romantica» descritta da Robert Walser nell'incipit La passeggiata.
«Un mattino, preso dal desiderio di fare...»
Anche fare un cazzo, soprattutto quello, ça va sans dire.
2 commenti:
Poi penso pure a Monicelli e a quella improvvisa, forse provvida, non certo ragionata, via di fuga
perché non ragionata. anzi, decisione ragionata da tempo e volontà ben sedinentata io credo
"non certo ragionata"
...dici?
ci ragionerò.
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