Puntuale, Fabristol oggi, in un suo prezioso paragrafo, scrive:
«Badate bene che l’ISIS non colpisce mai i centri di potere, né uccide politici, militari, corpi di polizia occidentali. Il motivo è che con questi ci dialoga ogni giorno con informatori, talpe della CIA e quant’altro. Sarebbe facilissimo uccidere un primo ministro occidentale, o il capo di un servizio segreto. E invece gli attentatori scelgono solo i civili. Se attaccassero un politico o le forze di sicurezza il tenue filo di dialogo cesserebbe. È un tacito accordo tra i due.»
Ora, a parte che non so dire quanto "facilissimo" potrebbe essere colpire Principati e Potestà, è un dato di fatto che i terroristi islamici, molti dei quali irregimentati ex post dall'isis, non abbiamo mai tentato di colpire - se non quel cazzone assassino dell'attentato di Westminster - i centri del potere con annessi rappresentanti.
Lasciando assolutamente da parte la sarcastica considerazione che, se lo facessero, se colpissero davvero chi ci comanda, rischierebbero di attrarre a sé le nostre simpatie, è indubbio che non lo fanno sia per le ragioni esposte da Fabristol, sia perché, parallelamente alla ragione politico-militare, c'è quella ideologica di attaccare un modello di società che Ezio Mauro, nel suo patetico editoriale, così definisce:
«Noi dobbiamo dare un nome a questo spazio di quotidiana civiltà mondializzata, che l'Isis colpisce ipnotizzato proprio per marcare il suo particolarismo estremo, la sua irriducibilità, la radicalizzazione del suo rifiuto: solo così sarà possibile una lettura politica e non esclusivamente emotiva e sentimentale di quel che è accaduto e ancora accadrà. Il nome è quello della democrazia occidentale [...]»
Proprio così: gli islamisti radicali, terroristi e no, hanno a culo l'organizzazione complessiva della democrazia occidentale, i costumi, le usanze, la tolleranza, la pressoché totale desacralizzazione del vissuto, compreso quello delle campane della domenica (delle chiese e degli ipermercati). Essi - in particolare i maschi che solitamente rappresentano al meglio l'identikit del terrorista - disprezzano nel profondo anche e soprattutto coloro che sono teneri con loro, che li capiscono, che sono tolleranti, che cercano di "integrarli", che vorrebbero ecumenizzarli nella allegra secolarizzazione edonistica globale, coloro che ritengono l'Islam sia una fede come le altre, legittima da professare e sbandierare, senza capire un cazzo che l'Islam è (ancora) una religione assolutista, dittatoriale, che non ammette eresie quali che siano (lo "era" anche il cristianesimo assolutista, se per questo, ma non divaghiamo).
Ed è questo il punto: assolutismo, dittatura, teocrazie sono organizzazioni della società vigenti in tutto il Medio Oriente, e pacificamente accettate dalle nostre democrazie occidentali, a parte quelle che - di tanto in tanto - sono prese di mira dalle nostre élite perché poco inclini a rispettare i patti intrapresi all'insegna del petrolio o del metano.
Ecco perché contrastare alla radice l'ideologia islamista risulta così difficile: perché è la stessa professata dal terrorista e dallo sceicco del Bahrein.
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Segnalo qui in coda un post che - seppur con un punto di vista diverso da Fabristol - trovo molto pertinente, soprattutto nel paragrafo finale.
4 commenti:
materia delicata. concordo solo con l'ultima parte. Fabristol? per carità
Sì, delicatissima. È che io, con tal materia, mi sento come un elefante in una cristalleria.
Anche oggi, un vaso rotto: "Il Qatar controllerebbe quasi il 10% di Deutsche Bank. Ha scavalcato BlackRock".
Penso che tu descriva la questione in modo preciso e puntuale, grazie.
E perché le élite mondialiste (le famose Charaktermaske) agevolino (pianifichino?) questo, beh, parliamone un'altra volta.
a Lorenzo
e dunque il terrorismo è prevalentemente una questione psichiatrica e di disagio sociale, unitamente, come sempre in questi casi, a «un piano di ingegneria sociale su scala planetaria concepito dalle "elite apolidi mondialiste"»
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