È così difficile governare il disordine che conviene arrendersi, farsene avvinghiare, lasciare che le cose siano ricoperte dalla vegetazione di modo che, un domani, un'altra specie dominante abbia ben più legna da ardere di quanta ne sia disponibile già.
Vedi il verde che ha ricoperto gli ettari di insediamenti umani intorno a Fukushima: sembrerebbe che la vita non attenda altro che rifarsi una vita senza di noi.
Non si sa da che parte cominciare. Dici: la Libia. Orsù, proviamo da lì. Quale parte di ordine caotico sostenere? Se scegli un cavallo (un colonello o un generale o un figlio di puttana), non sei padrone di fargli fare la mossa del cavallo che lui si ribella.
L'Esselunga di Caprotti è sbarcata a Roma? E perché non a Tripoli, a Bengasi, a Misurata? Meglio noi italiani, per primi, che quei cazzoni di Carrefour.
Chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale, se la porta al mercato delle vacche della politica, diventa un vaccaro che non si accorge che i buoi sono scappati dalla stalla.
Eppure - dice il saggio - ognuno, nel suo piccolo, può portare il proprio contributo alla causa, pur non sapendo esattamente che causa sia; sicuramente persa. Una mano lava l'altra e tutt'e due la ritrovano, la causa: si era nascosta, perché non voleva correre il rischio d'essere corresponsabile delle nostre stronzate.
A volte, anzi: quasi mai, invidio lo stato d'animo di coloro che, proiettandosi in una condizione di futura beatitudine, generalmente prefigurata dentro un quadro religioso, vivono il presente con gioia e serenità, in una sorta di carpe diem spurio, che immunizza dall'ipocondria e preclude qualsiasi tipo di ribellione, compresa la voglia matta di mandare affanculo in modo adeguato chi se lo merita.
Credo sia la prima volta, nella storia della repubblica italiana, che non si nota molto il silenzio estivo della politica: forse perché è da tempo (mesi, anni, decadi) che i politici non dicono più niente che valga la pena ascoltare (figuriamoci seguire).
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