Joining a neighbor, as though speech
Were a still performance.
Arranging by chance
To meet as far this morning
From the world as agreeing
With it, you and I
Are suddenly what the trees try
To tell us we are:
That their merely being there
Means something; that soon
We may touch, love, explain.
And glad not to have invented
Such comeliness, we are surrounded:
A silence already filled with noises,
A canvas on which emerges
A chorus of smiles, a winter morning.
Placed in a puzzling light, and moving,
Our days put on such reticence
These accents seem their own defense.
***
ciascuno al vicino, come se il discorso
fosse una messa in scena silente.
Dandoci stamane casualmente
appuntamento così tanto via
dal mondo quanto in armonia
con esso, io e te
siamo d'improvviso ciò che
gli alberi cercano di dirci
che siamo: che il loro mero esserci
ha significato; che potremo toccare
presto, e amare e spiegare.
E lieti di non avere inventato
noi una tale grazia, ne siamo circondati:
un silenzio già colmo di rumori,
una tela su cui affiori
un coro di sorrisi, d'inverno, un mattino.
Posti in una luce sconcertante, e in cammino,
i nostri giorni indossano una tale reticenza
che questi accenti sembrano la loro stessa resistenza.
John Ashbery, Some trees, 1956
traduzione di Damiano Abeni con Moira Egan, edizione italiana Luca Sossella editore, Roma 2008.
John Ashbery è morto ieri, all'età di novant'anni. Era del 1927, cinque giorni più giovane di mio padre.
Riposi in pace.
P.S.
Qui le volte che ho ospitato sue liriche.
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