«Ed
eccovi giunti, dopo una lunga intimità con il dubbio, a una forma
particolare di orgoglio: non vi ritenete affatto più dotati degli
altri, vi ritenete soltanto meno ingenui.
Per quanto riconosciate che il tale o il talaltro è in possesso di
facoltà e conoscenze di fronte alle quali le vostre hanno
scarsissimo valore, non c’è verso, voi lo scambierete con qualcuno
che, inadatto all’essenziale, si è impastoiato nel futile. È
passato per un’infinità di prove senza nome? A voi parrà che sia
rimasto molto al di qual dell’esperienza unica, fondamentale, che
avete voi degli esseri e delle cose. È un bambino, sono tutti
bambini, incapaci di vedere quello che voi soli avete visto, voi, i
più disincantati dei mortali, senza più nessuna illusione sugli
altri e su voi stessi. Ma una la conserverete malgrado tutto: quella
tenace, indistruttibile, di credere di non averne. Nessuno sarà
capace di togliervela, perché nessuno avrà ai vostri occhi il
merito di essere quanto voi disingannato su tutto. Di fronte a un
universo di illusi, vi atteggerete a solitari, con il risultato che
non potrete nulla per nessuno, come nessuno potrà nulla per voi».
E.
M. Cioran, La caduta nel tempo, (Paris,
1964), ed. italiana, Adelphi, Milano 1995 (traduzione di Tea
Turolla).
Io ne conservo più di una, di illusioni, facilmente nascondibili dentro questo spazio di scrittura quasi decennale, sparse in alcune pagine più, in altre meno, ed è proprio questo, forse, che ancora mi fa illudere che la pratica bloggheristica sia un esercizio consolatorio, allietante. Illusione innocua, giacché non mira a contagiare altri che se stessi. Per diventare autoimmuni dalle proprie cazzate.
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