Sono giorni in cui qualsiasi cosa pensi è pregiudicata dall'assurdo, da una pietra d'inciampo sulla quale, appunto, inciampo, perdo l'equilibrio, cado a terra e, se non metto le mani avanti, rischio di rovinarmi la faccia. Per questo vado in giro con lo sguardo abbassato, per evitare lo scandalo di vedere altri visi che, pur camminando, come me, sul lungofiume soleggiato, sono mascherati effeffepidue. Ma perché? Per via dell'effetto serra, del buco dell'ozono o del timido fumo proveniente da una sterpaglia che un contadino brucia?
Inutile domandare. Meglio far finta che sia tutto normale, che il mondo è questo e non un altro. Così, a volte, sconsolato mi fermo, seggo su una panchina solitaria, chiudo gli occhi e proietto una realtà diversa all'interno delle palpebre.
Per esempio, Parigi.
Un primo pomeriggio assolato, un viale lungo la Senna, la Tour Eiffel in lontananza. Alla radio raccontano che in città c'è un'insolita invasione di calabroni. Essi svolazzano stranamente a mezz'aria, poco sopra la testa delle persone, e di loro non si curano se non quando aprono la bocca per dire, colloquiando con altri interlocutori, che forse si potrebbe fare anche diversamente da come il governo fa. In quell'istante, quando qualcuno apre la bocca per eccepire, un calabrone gli entra dentro e lo punge sulla lingua. «Al soccorso, al soccorso», grida lo sventurato, prima che la lingua gli si gonfi e non possa parlare più. Se è fortunato, qualcuno chiama un'ambulanza. I soccorsi arrivano veloci ma, prima di intervenire, gli domandano se è vaccinato senza ottenere risposta. Chi ha chiamato i soccorsi obietta qualcosa agli infermieri e loro gli domandano se avesse anch'egli qualcosa da eccepire. «Beh, in effetti»... Un altro calabrone piomba dentro la bocca di costui e lo punge sulla gengiva (aveva fatto appena in tempo a stringere i denti). Questa volta sono gli infermieri a chiamare altri soccorsi. Il primo passante sembra non respirare più e il capannello di persone, che naturalmente si era formato, inizia a gridare agli infermieri di fare qualcosa, non vedono che sta per morire? «Che cosa avete da eccepire?», ribattono quelli della croce rossa. Sciami di calabroni volano a mezz'aria, la gente impaurita scappa alla rinfusa; qualche sprovveduto tiene la bocca aperta un po' troppo e viene punto. È un parapiglia. Arrivano altre ambulanze, arrivano anche i gendarmi, in tenuta anti sommossa, i quali, anziché scacciare i calabroni, iniziano caricare le persone e a manganellare chi gli capita sotto tiro.
Scappare senza gridare, tenendo la bocca chiusa, non è facile. In molti, dopo poche decine di metri, rinunciano, capiscono che non c'è niente da fare, che non vale la pena insistere e l'unica soluzione, al momento, è stare zitti e indossare effeffepidue. Similmente ai pulcinella di mare - ma con il becco bianco e senza ali -, spiaggiati, in attesa dell'estinzione.
Nessun commento:
Posta un commento