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Una volta c'era un quaderno una penna un corpo e un pezzo di vita da metterci dentro, il corpo, il quaderno, diventati uno spazio dove la vita si espone stesa ai fili sui quali chi vuole potrebbe attaccarsi, farci tarzan, cantare una strofa a rovescio, volando, esprimendo se stesso come fosse uno specchio, oppure asciugarsi e ritornare al punto d'inizio, riflesso di luce che contiene tutte le linee necessarie per riconoscere chi abbia parlato e cosa abbia detto, un lavoro di comprensione, per credere che dentro una parentesi di tempo cavalcato, come una cometa, giro dopo giro (servisse a qualcosa il giramento), una nuvola abbia preso forma di volto, lo stesso profilo di colui che tentava un autoritratto facendosi raccontare dai rari passanti chi avessero davanti a fargli quella domanda, la solita, ditemi chi sono e perché sono, la seconda, ricordate, è una domanda di riserva.
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